A trent'anni dall'esordio, il disco vulcanico, caldo e pulsante di Maria Di Donna, che non ha più paura di essere un'icona.
Una concretezza nei suoni che scorrono caldi e pulsanti come lava, una ritrovata purezza nella voce, canzoni che potrebbero sembrare classici della musica napoletana, ma sono uscite oggi. Potrebbe sembrare quasi l'ennesimo mostro sacro che cede al tentativo di svecchiare la propria musica con un produttore cool, e invece è l'opposto: Frenetik, con i bassi che ribollono, con le ritmiche sempre più complesse, con una ricerca attenta del suono giusto, non fa altro che potenziare ancora di più il mediterraneo fuoco a cui Meg ci ha abituato con gli album precedenti.
Napoli resta dentro anche chi lascia la città. Sarà uno stereotipo, ma Napolide ci mostra quanto sia reale, con la voce limpida di Meg che incontra quella viscerale di Nziria, come una stretta di mano tra chi che è andato via e chi è rimasto. I contrasti sono alla base del disco, tra forza e fragilità, tra melodie cantabilissime e ritmiche qui jungle, qui disco, lì ancora quasi free jazz, come Solare con i Fratelli Fugazza alla produzione di un nostalgico inno d'amore verso la musica.
Una ritrovata luce nei sentimenti si staglia tra i versi dell'album: l'amore totalizzante tra riso e pianto, di Principe delle mie tenebre e quello innocente ed euforico di Formiche, la stupideira di Scusa se sono felice in cui Meg è "un'irrefrenabile cretina" con la voglia di ballare e di cantare come fosse un classico di Mina. She's Calling me – con Katia Labeque – sembra una canzone classica napoletana che esplode, si trasforma nella sua stessa versione inglese, si espande, diventa altro da sè.
Le collaborazioni raccontano lo status della Meg del 2022: Aquila, cantata all'unisono con Elisa e Emma, con le voci confuse tra loro, quasi indistinguibili se non per le diverse minuscole inflessioni dialettali, con una complicatissima costruzione ritmica e un motivetto killer. Arco & Frecce, con i Thrucollected, rappresenta quanto la carriera di Meg sia influente per una generazione di nuovi musicisti e artisti partenopei.
In questo disco Meg, finalmente, "non si nasconde", anche con il coraggio di apparire pop, per prendersi con la forza – dei suoni, delle canzoni, dei bassi – lo scettro di icona della città di Napoli senza rinunciare a un briciolo di personalità e delle particolarità che la rendono immediatamente riconoscibile: la sola cosa che deve fare è lasciarsi andare.
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La recensione Vesuvia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-10-01 23:42:18
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