Con 'Karma Clima' i Marlene Kuntz affrontano un discorso di imprescindibile importanza per fare il punto della situazione umana attraverso una proposta sonora e tematica efficace ed evolutiva
Tutti coloro che hanno sempre individuato nei Marlene Kuntz una sorta di prototipo di rock band non impegnata, almeno questa volta, dovranno seriamente ricredersi. Karma Clima, il nuovo album uscito su etichetta Ala Bianca, è infatti frutto di una netta, inevitabile e indiscutibile presa di posizione non politica – quella è una questione ben diversa e molto meno produttiva in termini concreti – ma sociale, civica e decisamente antropologica riguardante la maggiore problematica riscontrabile sul pianeta Terra qui e ora, vale a dire il drastico cambiamento climatico e le rispettive conseguenze in ambito umanistico.
Concettualmente, è almeno da Ricoveri virtuali e sexy solitudini (2010) che Cristiano Godano e soci prendono realmente in considerazione – non senza una buona dose di ironia riscontrabile anche nel caso odierno, forse qui ancora più digrignante – una riflessione ampia e dettagliata su traslazioni umane relative a situazioni di forza maggiore. Se lì alcune questioni potevano riguardare soltanto qualcuno – i più invischiati in dinamiche psico-tecnologiche poi trasformatesi, in larga parte, in puro sterco da bancone di bar – in Karma Clima si parla davvero di tutti in un momento di effettiva e decisiva resa dei conti planetaria. In verità, anche in Bianco Sporco (2005), Nella tua luce (2013) e Lunga attesa (2016) erano presenti diversi spunti riflessivi di respiro più terreno che spirituale, ma si tratta di due caratteristiche che sono andate comunque sempre a braccetto quasi nell'intera esperienza discografica della storica band piemontese – nella cui accezione artistica, in effetti, la considerazione del lato più recondito del sentire umano si è quasi sempre palesata in simbiosi con la sua veridicità fisica e tangibile, anche in brani apparentemente orientati verso tematiche esclusivamente ultraterrene (pelle che manca, carta offesa con sgorbi ritorti, buio che brucia come il fuoco e tanto altro ancora).
Ma la validissima concretezza discorsiva che emerge da un album come Karma Clima compie una sorta di passo laterale – e in avanti – per avvicinare idea e sostanza attraverso la considerazione di concetti che dalla matrice individuale passano al sentire collettivo, con tutto il carico di prese di coscienza reali e finalità espressive ampiamente dichiarate e comprensibili da chiunque ma, al contempo, sempre legate a risvolti sensoriali – in questo caso dinanzi a inevitabili conseguenze catastrofiche – e, proprio per questo, ancora più forti e di impatto emozionale mirato a provocare reazioni materiali.
In notevole coerenza con la sua stessa genesi – sessioni di registrazione organizzate e portate avanti in residenze artistiche immerse in contesti naturali e sociali da preservare, esperienze apertamente documentate a livello comunicativo – Karma Clima direziona l'ascolto – e la relativa comprensione semantica – verso un percorso che chiama in causa l'essere umano per invitarlo a scuotersi e risvegliarsi, una volta per tutte, dal proprio torpore facendo i conti, necessariamente, con un'ultima e definitiva chiamata in causa per tentare di evitare l'estinzione. Azione, questa, possibile da praticare solo se all'ascolto coincidono adeguate caratteristiche morali, così come possibile da incentivare, per i Marlene Kuntz, sulla base del bagaglio discorsivo posto in essere nell'arco di un'intera discografia.
Ma come può rendersi efficace, tutto ciò, nel momento in cui c'è da trasporre questo universo di concetti in campo sonoro? Forse nella forma che meglio si sposa all'urgenza di far estendere il messaggio quanto più possibile tramite sonorità ben più internazionali rispetto alle precedenti esperienze, almeno in termini esterni alla valenza oltreoceanica alt-noise-rock dei Marlene storici.
Il frangente più cantautoriale – coscienziosamente ampliato dalla prima prova solista di Godano – qui si sposa con una 'elettronica suonata' che arricchisce le architetture sonore permettendo loro di rinnovarsi e sostenere un'ispirazione compositiva ancora viva, solida e coinvolgente. Anche l'apporto stilistico dietro le pelli dell'ex Bluvertigo Sergio Carnevale, in sostituzione di Luca Bergia, rientra nel mantenimento di un corpo sonico denso, compatto ma largamente variegato nella sua capacità di ospitare 'found objects', ariosità orchestrali, spoken word e intensità ritmiche che richiamano, a tratti, i Radiohead di ultimo periodo e un certo Nick Cave attuale, ma anche cenni Arcade Fire e suggestive ispirazioni britpop che lasciano campo a mood semi-gospel quasi Algiers e spunti elettro-noise apocalittici (La fuga), fascinazioni di sprazzi soul (Tutto tace), echi di cantautorato elettronico (Bastasse, Lacrima) e voli eterei in associazione con la voce di Elisa, quasi una Diamanda Galás vestita di bianco e in cerca di un nuovo sé futuribile (Laica preghiera).
Pur non risultando, al momento del primo ascolto, tra i migliori titoli del più recente ciclo artistico della band, Karma Clima rappresenta, per i Marlene Kuntz, un tassello concettuale di grande importanza per efficacia sia sonora che tematica, senza dubbio una pianta vigorosa che può solo donare nuovi e succosi frutti ad una scena nazionale da risvegliare in termini di pensiero artistico legato al più sincero e concreto desiderio di vitalità.
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La recensione Karma Clima di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-10-05 12:21:49
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