10 tracce, 17 ospiti e 0 sample nel primo producer album della leggenda dell'hip hop italiano, con rap, soul e r'n'b che si sposano in un magico incontro tra ricerca continua e culto immortale
Il tocco è quella roba che non puoi davvero spiegare, lo percepisci è basta. Come Messi sfiora il pallone col suo sinistro senza senso, come Mark Knopfler accarezza le corde della sua chitarra, per citare due esempi massimi. Lo vedi, lo senti, si manifesta in una qualche maniera inesplicabile e tu sei lì, a bocca aperta, incapace di reagire di fronte a qualcosa di così incredibile.
Quando Deda è alla produzione succede qualcosa di simile. Il culto che si è creato attorno a lui e alla santissima trinità dell'hip hop italiano, i Sangue Misto da lui fondati insieme a Neffa e DJ Gruff, sicuramente influisce, ma non può essere solo l'effetto nome a pesare sulla bilancia. Così come non sono i feat. che compaiono nella tracklist/lista-della-spesa – perché questo è l'inevitabile risultato quando si parla di un producer album – del suo House Party a fare la differenza, per quanto validi. È il tocco.
Forse stare lontano dal rap per circa vent'anni gli ha fatto bene, da questo punto di vista. Dedicarsi ad altro, spaziare, cercare nuove prospettive, il tutto mentre era il rap stesso a cambiare e a diventare qualcosa di diversissimo rispetto a come l'aveva conosciuto lui. E ora che ci torna su, lo fa senza lasciarsi abbagliare dalla nostalgia, ma mescolando bene gli ingredienti musicali e gli ospiti, lasciando grande spazio alla melodia e passando dal socio di sempre Neffa ai Coma Cose, da Al Castellana a Frah Quintale, da Danno a Ghemon.
In questo è Deda a cambiarsi d'abito a seconda di chi abbia il microfono in mano, senza per questo lasciar sgretolare la sua identità sonora. La pasta hip hop delle sue strumentali è capace di declinarsi in morbido r&b così come in beat ruvidi dominati dai bassi, dal funk serrato a picchi di etereo nu soul, tutto interamente suonato in studio. Sono le sfaccettature che permettono ai feat. presenti di brillare, divisi tra grandi nomi del rap presente e passato e artisti con una loro visione ben definita del pop. E in cui più di qualcuno si concede un omaggio diretto a Deda nella sua parte, per lo status che ha all'interno della scena.
Dalla hit Universo, con le barre di Fabri Fibra e il Neffa più melodico, alla potenza di Ensi e Salmo, rispettivamente in Voilà e Più forte, fino a una sorte di posse track come Rock the House, dove si alternano al mic – e tutti in formissima – Danno, Sean Martin, Inoki e Mistaman, Deda infila dieci tracce che sono pura goduria nelle strumentali e offrono una direzione coloratissima da seguire per il rap di oggi, che fa risplendere i fasti del passato senza perdersi in una pericolosa retromania.
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La recensione House Party di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-11-04 00:00:00
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