Mike Bertoli's Avatar The Giant Within 2022 - Metal

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Buona la prima per l'esordio del progetto personale di Mike Bertoli tra prog metal, groove e influenze heavy originarie

È vero, nell'ultimo decennio – forse anche qualcosa in più – il genere metal si è evoluto esponenzialmente altrove e secondo ben altre modalità. Riferirsi apertamente ai classici traendo da essi spunto e linfa vitale in funzione odierna, però, non deve essere per forza identificato come sintomo di fossilizzazione secolare, non se si affronta il discorso con una certa dose di personalità, naturalmente. E stando ai fatti, proprio personalità e carattere identitario stanno alla base delle intenzioni sia stilistiche che contenutistiche del chitarrista livornese Mike Bertoli, approdato alla prima esperienza discografica a proprio nome dopo varie vicissitudini pregresse.

The giant within, infatti, è un ottimo disco di heavy metal che parte da spunti originari per diradarsi, poi, soprattutto verso evidenti lidi progressive con varie sfumature sia di contorno che identificabili come base strutturale in diversi momenti.

Un po' a causa della grafica complessiva relativa all'immagine – tra l'altro bellissima ed estremamente evocativa – ideata e molto abilmente costruita per la copertina dell'album, un po' anche per assonanza col nome del progetto (Avatar) e relativo design testuale, a primo impatto visivo viene da pensare al mondo Avantasia di Tobias Sammet degli Edguy, ampiamente impostato sulla conformazione 'concept' per il dispiegamento delle vaste narrazioni da lui messe nero su bianco disco dopo disco. Di concept, infatti, parliamo anche qui, per quanto privi della componente power del suddetto riferimento ma, per contro, largamente immersi in universi concettuali che utilizzano come trampolino di lancio argomentazioni, certo, semplici e risapute (la crescita individuale con relativo sentimento di pesce grosso in un piccolo stagno) ma innestate su un variegato tappeto sonoro che si abbevera tranquillamente alla fonte di ulteriori e ben più importanti maestri di settore.

Il prog metal quasi puro che apre le danze, ad esempio, prende moltissimo dalle origini del genere (tanto dai Fates Warning quanto dai Dream Theater in Tears of blood) ma si lascia scappare volentieri delle fugaci incursioni in ambito death e quasi emo-core con tanto di breakdown (Devil's bridge), per poi fare spazio anche a diramazioni groove con influenze sludge tra Pantera e Corrosion Of Conformity (Valley of death) che ora convivono con aperture nuovamente prog (Learning from the past) e ora cedono il passo a matrici hard rock / heavy classiche più in direzione Judas Priest che Iron Maiden (The protagonist's game). Non manca anche lo spirito da ballad semiacustica che muta in sinuosità heavy metal capaci di mantenere vivo l'impianto melodico di fondo (A sense of freedom), così come non tardano a manifestarsi escandescenze Megadeth in salsa primi Dream Theater con contorno di Labyrinth (Alive again, I won) per la conformazione di un lavoro complessivamente di notevole impatto generale e suscettibile di ulteriori sviluppi in termini sia di graniticità sostanziale che di nuove possibilità di ricerca e invenzione.

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La recensione The Giant Within di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-01-26 16:00:35

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