L'ultimo album del già Pan del diavolo Alosi è un viaggio in cui la canzone d'autore incontra blues, reggae, rock classico e musica folk
Pietro Alessandro Alosi, già membro del Pan del diavolo, dà vita nel 2018 al suo progetto solista con il nome d'arte di Alosi. Dopo l'anticipazione del singolo Blues animale, oggi arriva il secondo album del cantautore palermitano: Cult. Un lavoro che crea smarrimento e interrogativi, mettendo in dialogo generi distanti, dal reggae al folk di matrice americana, pur mantenendo il proprio punto di riferimento nell'incontro tra blues e rock da cui anche i Radio Moscow hanno sempre attinto.
Con Cult ci si trova di fronte a un'opera complessa e stratificata, in cui ogni canzone sembra apparentemente slegata dal contesto del disco. Ma qui si cela la potenzialità del lavoro di Alosi. Facendo riferimento a differenti atteggiamenti, ogni traccia svela una prospettiva differente sul musicista, che si presta tanto al racconto tipico del rock d'autore quanto a sonorità che si muovono dal country al grunge.
Si parte da un brano reggae, Downtown, realizzato grazie alla partecipazione di Stevie Culture. Qui i ritmi ben scanditi della batteria incontrano i delay della chitarra elettrica, una sezione di fiati che compare in sottofondo man mano che la canzone sale di intensità, e un pianoforte ragtime che porta la canzone fino al suo picco massimo con cui termina all'improvviso. Niente da spartire con i ritmi lenti e i riverberi profondi che accolgono le ampie pennate di chitarra acustica in Camel blue. Qui un gioco di rimandi tra l'accoppiata di voce e chitarra in stile Patience dei Guns'n'Roses e un lungo e soffuso assolo di chitarra elettrica crea un duetto che persiste, facendo avanzare il pezzo in maniera lenta e sicura di sé.
Dirigendosi poi verso Blues animale e Cult si incontrano distorsioni fuzz, musica western, chitarre blues e altri elementi che danno vita a una scena eterogenea, non comune tra i brani presenti nello stesso album. È solo a mente fredda che si può tornare sui propri passi per ripensare a questo grande insieme di influenze e approcci. Un bestiario cantautoriale - per parafrasare Lucio Corsi - che porta spunti e attira l'attenzione di chi ascolta su quanto possa essere sottile il filo che lega insieme le canzoni di un disco.
Eppure la risposta è sempre stata lì, la chitarra imbracciata da Alosi. Tornando sempre in primo piano brano dopo brano, sempre in una veste nuova, è con il suo strumento che il musicista intesse una tela che arriva a toccare tutti i generi, sporcandosi ogni volta delle sonorità giuste per inserirsi nel contesto stilistico di riferimento. Un lavoro complesso e difficile per cui vale almeno la pena di investire un ascolto.
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La recensione Cult di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-01-13 10:49:00
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