"Chi sono?" è la delicata domanda a cui Saphe cerca di rispondere con 1410, il suo ultimo singolo condito in salsa pop-punk. È già con il primo verso del brano che la cantante venticinquenne arriva dritta al punto, trovando il coraggio di porsi una domanda scomoda. Senza spaventarsi prosegue conducendo chi ascolta nel museo delle proprie ferite interiori, raccontate una per una con delicatezza e senza giri di parole.
Caratterizzato da una melodia dolce, il brano incontra il benestare del pop punk tipico di Underclass Hero dei Sum 41 grazie a una batteria che scandisce il ritmo con battiti ridondanti e potenti mentre diverse linee di chitarra si intrecciano rincorrendosi in un ambiente dilatato creato dagli effetti ambientali. Così i delay dai tempi ampi e i riverberi dipingono una scena ampia, come se ascoltare 1410 fosse un'esperienza in cui ci si trova collocati in uno spazio preciso, all'interno di un concerto o di una sala prove.
A collaborare con questo clima sono le chitarre. Con una distorsione leggera che le impasta armoniosamente, si dividono una parte di accompagnamento e una solista. E mentre la prima suona un arpeggio, è l'altra a suonare un incastro di note che rendono ancora più accattivante il pezzo grazie a particolari giochi con gli effetti. È questa grande dimensione personale, chiusa davanti ai nostri occhi che prende vita il racconto di Saphe, che si fa conoscere come una personalità rinata dalle ceneri del suo difficile passato.
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