Il terzo ep dei Nobody Cried for Dinosaurs è un alternative-rock in stile anni 2000 arricchito da una leggera follia
La musica esce da uno stereo a una festa nei primi anni 2000. Siamo in una serata in cui tutti ballano sulle note di una canzone degli Strokes. Oppure degli Ice Age, dall'ultimo ep della band milanese Nobody Cried for Dinosaurs. Il primo dopo la "rinascita" – come la chiamano loro – del 2020. Avevano già suonato insieme tra il 2013 e il 2017. Ma ora hanno deciso di ricominciare dall'inizio, punto e a capo.
Le sonorità pescano dagli Artic Monkeys e dal panorama rock-alternativo. La batteria suona compulsiva nello stile di A-Punk dei Vampire Weekend. E la chitarra rimane nelle tonalità più alte. Non ha alcuna intenzione di costruire frasi melodiche complesse. L'unica cosa che interessa ai NCFD è ritrovare quel sottile filo punk presente nella musica di vent'anni fa.
Si sente in Charlie Sheen. Nella canzone la voce rimanda al cantato di Joe Strummer dei The Clash. L'intonazione precisa e la costruzione melodica passano in secondo piano. E a risaltare sono le parole. La chitarra leggermente distorta suona rapidamente. Il plettro non concede tregua alle corde. Mentre la batteria in preda a un attacco di rullate alla Travis Barker porta il duo incontro a finali catastrofici e bellissimi. Come succede in Kansai Maiden Club.
Nell'ep si sentono l'estro e la competenza dei musicisti, arricchiti da una leggera follia. Risulta originale anche se le influenze sono esplicite. Un risultato che non possono vantare tutte le band.
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La recensione Ice Age di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-01-24 00:18:00
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