Dust you are è il nuovo lavoro dei 7Mondays, duo calabrese formato da Isacco Scarriglia (voce, basso e chitarra) e Alessandro Franco (batteria e synth), attivo dal 2020 e con alle spalle la produzione di un ep.
Si tratta di una raccolta di 8 brani in stile pop elettronico industrial, con dentro un tasso d'inquietudine e urgenza di sfogo molto alto.
La strumentale Riven apre il disco e ci mette subito sulla strada maestra: grinta, suoni elettronici distorti e acidi. La voce debutta in Elevation, dove batteria elettronica, un synth lead e il basso la fanno da padrona in un brano medio veloce.
Cambio di passo in Godspeed, dove i bpm diminuiscono ma esplode la voce, carica di saturazione e di slap delay, che viaggia sopra un pad con un filtro che apre e chiude. Molto bella l'idea di fermare del tutto la ritmica a metà pezzo, lasciando l'orecchio dell'ascoltatore quasi spiazzato e in cerca di un appiglio che tarda a tornare e costringe a tenere il pelo rizzato per un imminente colpo di scena che poi in realtà non c'è, ma intanto l'effetto ha prodotto esattamente la reazione che voleva.
It Can Damage The Liver parte con cassa sintetica e arpeggio di chitarra pulita e carica di delay. Si fanno presto spazio il resto della batteria, i pad e il basso. Si gioca a riempire e svuotare i moduli, anche con l'utilizzo di percussioni elettroniche e figure ritmiche di chitarra.
Voce distorta in Last call, voce che si muove sinuosa sopra un pad che fa anche da basso con tremolo. L'ingresso della batteria porta l'orecchio a ricordare sonorità alla Linkin Park o alle prime produzioni Subsonica, per restare in terra italica. Notevole il cambio di ambient finale, dove uno strumming di chitarra acustica mette fine alla ritmica e alle tensioni armoniche.
Una chitarra super ambient e minimal con un basso pulsante danno vita a Golden. Si tratta solo del preludio ad un'altra impennata di rabbia della voce. Un po' troppo impastate le parole a questo giro, anche se il risultato è comunque di impatto.
Reverie inizia ancora con un arpeggio di chitarra clean pesantemente reverberata e con note ribattute di pianoforte sul registro acuto. Si tratta di una ballata imperniata attorno alla chitarra elettrica che suona morbida e ad un arpeggio insistente del pianoforte. Si rasenta la psichedelia, il post rock.
Chiusura del disco affidata a To Dust You Shall Return, ballata su un arpeggio di chitarra acustica e una voce che torna intelligibile, anche se molto effettata. Si gioca ancora a costruire armonie evocative su progressioni minori, con poca "aria" e contemporaneamente con grande respiro melodico.
In conclusione Dust You Are è un disco completo, con grande personalità, capace di fare viaggiare l'ascoltatore comodo, ma non troppo. Ci sono trovate compositive che funzionano come in teatro funziona il colpo di scena e fanno si che l'ascolto risulti sì fluido, ma mai adagiato e disattento. Il lavoro di produzione restituisce un prodotto forse leggermente sbilanciato verso le medio basse frequenze e questo alla lunga può affaticare l'orecchio, ma siamo sul parere soggettivo e comunque, se fosse una scelta stilistica sarebbe totalmente sensata, visto il sound e la strumentazione messa in campo.
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