L'arte di star bene è il nuovo lavoro di Ciulla, artista toscano sui palchi dal 2010, prima come componente dei Violacida, poi dal 2018 da solista.
Si tratta di una raccolta di dieci brani pop melodico cantautoriale, con un respiro internazionale negli arrangiamenti. Si sentono subito echi di Fabi e del Silvestri di una decina d'anni fa nella title track, canzone con un incedere subito deciso e un ambient inquieto.
Fantasma si presenta più ballabile, con una linea vocale sinuosa che si muove su una chitarrina acustica. Giusto pochi versi prima che drum machine e basso, coadiuvati da pad e keys prendano campo e dettino il tempo. Bello il gioco di pieni e vuoti tra strofe e ritornelli. Il cielo sulle spalle segna un rallentamento del bpm, sulle note di un pianoforte. La voce qui si muove più alla Calcutta, dando uno swing naturale alla canzone.
Povero me ha un andamento dritto e un'aria malinconica data dal palm mute sulla chitarra acustica. Ancora la voce, pur restanto a fuoco e riconoscibile, acquista un colore ancora diverso, più intimo, assecondato da una batteria essenziale che non invade le frequenze della voce, mantenendosi su uno scheletro di cassa e rullo, con un hi hat impalpabile. Canzone che cresce d'intensità molto bene, senza bisogno di "aprire" come tanto caro alla tradizione melodica italiana.
Ragazzo difficile è ancora piano e voce, ancora su armonie minori, ancora su un tempo andante. I testi sono sempre ben dosati, così come la metrica è studiata nei particolari. Si sente dentro un filo rosso che unisce tutte le tracce, una sorta di ricerca, ora feroce, ora sommessa, di un barlume di felicità o forse, meglio, di serenità. L'amore è inutile, disincantata dissertazione sul sentimento dell'amore, scorre ancora con lentezza, ma con un'apertura maggiore che però sembra non sfociare mai, una canzone che sembra non riuscire a partire del tutto.
Bella intro per Verrà altro tempo per noi, con un supporto percussionistico e accordi sgranati di chitarra acustica. Sembra essere definitivamente entrati in una parte del disco che ha necessità di mantenere un passo lento ed è una scelta stilistica plausibile ma che risulta forse un po' pesante per l'ascoltatore.
Viaggi in Sud America regala un tentativo di accelerazione e alleggerimento che riesce parzialmente, perché ancora una volta ritmicamente la canzone non parte mai del tutto. Le armonie riescono invece a dare più aria e leggerezza. Chiusura affidata a Distante, dove si torna immediatamente ad atmosfere lente e nostalgiche, con un pianoforte elettrico molto profondo e pieno.
In conclusione L'arte di star bene è un disco pop d'autore puro. Il punto di forza delle prime canzoni, la loro andatura rapida ed accattivante lasciano spazio troppo presto e per troppo tempo a una sfilza di canzoni lente che sembrano quasi delle anse di un fiume, dove il corso dell'acqua rallenta e rischia, traccia dopo traccia, di stagnare. Intendiamoci però, ogni singolo brano è di pregevole fattura e non c'è una canzone che si possa considerare soltanto come riempitivo. Forse è l'ordine della scaletta o la mancanza di almeno un altro brano vivace a inchiodare questo disco non permettendogli di essere fruito con la giusta atmosfera.
L'ascolto risulta comunque fluido e la ricerca dei suoni, delle sfumature, la ricerca dell'eleganza compositiva, rendono questo lavoro un ottimo esempio di musica d'autore contemporanea.
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