Transgender Mey Ark Vu 2006 - Sperimentale

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"Mey Ark Vu" si presenta con le fattezze di un oggetto strano e affascinante, degno figlio di quella casa di matti che è la Famosa Etichetta Trovarobato: un nome che è garanzia di sonorità tra le più strampalate e varie che si possa chiedere, di musici dalla perizia tecnica spesso impressionante e soprattutto di libertà totale rispetto a schemi, scene o qualsivoglia dictat musicale-artistico.

Non fa dunque eccezione questa terza prova sulla lunga distanza degli emiliani Transgender (la precedente portava il marchio Snowdonia e ci siamo capiti) dei quali basterebbe il nome per riempire pagine e pagine di disquisizioni tutto sommato inutili: la parola, ne converrete è di quelle che non possono lasciare indifferenti, programmatica, (auto)ironica e provocatoria com'è.

Nomen omen, d'altra parte, giacchè il lavoro del quintetto è di quelli che spiazzano senza paura, passando da pezzi di gothic-metal-sinfonico (penso ai Therion o ai primi Moonspell) a divertissement elettronici senza scrupoli, il tutto attraversando una terra di nessuno in cui le musiche semplicemente si accoppiano con la violenza degli animali in calore; c'è del jazz infilato da qualche parte, ci sono beat annegati in un liquido fosoforescente tipo centrale nucleare di Springfield, ci sono anche i Queens of the stone age e Mike Patton, ci sono, in buona sostanza i Transgender. Un pastone non facile da digerire, ma estremamente affascinante a cominciare dallo strano linguaggio col quale sono stati plasmati i testi, una sorta di arcaico idioma misterico partorito dal gruppo stesso che non può che far pensare a oscuri rituali magici operati da terrorizzanti figure incappucciate (quando non ad Aldo, Giovanni e Giacomo che fanno la parodia delle saghe fantasy).

Un disco che tracima gli argini dell'indie nostrano e che risulterà semplicemente strano per molti, ma così ricco di suggestioni da andare ad impadronirsi della parola crossover senza tema di apparire presuntuoso.

Pare che dal vivo la band sia devastante, per ora godiamoci, anzi impariamo a goderci questo caleidoscopio non sempre a fuoco ma assai brillante, pesante ma gustoso come un cibo non per tutti i palati e non per tutti i giorni.

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La recensione Mey Ark Vu di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-02-02 00:00:00

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