Players Will Play, Lovers Will Pay è il nuovo lavoro dei Gemini Blu, duo lombardo alla continua ricerca di contaminazione, in equilibrio tra le proprie radici e la sperimentazione.
Si tratta di una raccolta di dieci brani difficilmente etichettabili, ma che sicuramente rientrano nel genere pop internazionale, pur presentando al proprio interno un sacco di altre contaminazioni.
Si parte subito con Losing Touch e Why, che ci permettono di mettere a fuoco la particolarità di questo sound, risultato di una somma organica e funzionale di generi, sonorità e attitudini. La batteria acustica si scontra con i pad elettronici, le chitarre elettriche effettatissime fanno da contraltare a un basso molto rotondo e ficcante.
Alternatives parte con voce, kick e chitarra elettrica in palm mute. Ancora una volta l'ambient è particolare, quasi misterioso, l'andamento diventa pian piano quasi una marcia giocata su un rullante fortemente effettato e poi ancora flame di rullante, poi un ritornello dove le armonizzazioni di voce danno ancora più tridimensionalità all'arrangiamento. Dreaming è, in accordo col suo titolo, molto onirica, rilassata ma con veli di synth che inquietano e non permettono un "sonno tranquillo".
La title track si presenta acida, con accenti di batteria che fanno quasi traballare chi ascolta. Ancora una volta è proprio la batteria a dare il maggior contributo con grande gusto e tecnica. One Way ha un non so che di esotico, percussioni serrate e un'energia senza tempo che viene canalizzata alla perfezione dall'arrangiamento, restando quasi sempre sottotraccia ma perfettamente riconoscibile, almeno finchè non esplode in tutta la sua forza al momento giusto, per poi ancora scemare. Sembra di assistere all'eruzione dell'Etna, spettacolare, potente e poi allo scemare degli eventi.
Bullshit Song continua a insistere su tempi shuffle con un assetto ed un'attitudine molto più rock e r'n b. Ancora una volta il lavoro di arrangiamento e scelta dei suoni rende questa canzone un gioiello bello in tutto il suo insieme. Demons Of The City martella da subito su un testo spezzatissimo fatto di poche sillabe a scandire una ritmica semplice ma efficientissima.
Killing Summer è una passeggiata nel deserto sotto il sole di mezzogiorno, senza più acqua nella borraccia. Si trascina stanca, senza una direzione, lenta, preoccupata. Molto bello il suono delle chitarre, si sente la cura anche per i tagli di equalizzazione.
Calicanto è il brano di chiusura e si muove letteralmente su un sospiro femminile, quasi in affanno per poi iniziare a muoversi sinuoso grazie ad un canto a due voci che cantano ad un'ottava di distanza. Si tratta dell'unico brano cantato in italiano e rappresenta il finale perfetto.
In conclusione siamo davanti ad un disco con un suo carattere ben definito, non ha bisogno di imbeccate dal'esterno, non ha bisogno di consigli sul dove approdare. Si tratta di un lavoro completo, maturo e pronto per il mercato, forse non quello mainstream, ma comunque dal respiro internazionale e non solo per l'utilizzo della lingua inglese, ma soprattutto per l'originalità degli arrangiamenti. L'ascolto risulta molto piacevole, mai troppo aggressivo e mai troppo dimesso. La soglia dell'attenzione resta sempre abbastanza alto grazie a scelte arrangiative che introducono di continuo novità sonore, accenti, inserti elettronici ecc.
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