Me lo sono chiesto spesso: perchè lo stoner alla fine è andato a far coppietta con la psichedelia? Non che la cosa non ci stia. E nemmeno che mi dispiaccia. Ovvio, poi, è storia. Non si discute una cosa così. Che domande inutili. Ma si. Anche i camionisti avranno diritto di sognare. Già. Le stelle viste da un parabrezza sembrano ancora più lontane. Inarrivabili.
I Morkobot escono con il loro secondo Lp, l’etichetta è la Supernaturalcat - già label dell'ultimo disco dei piemontesi Ufomammut - e l’effetto iniziale è quello di trangugiare un litro di gasolio. Sarà che i tre – basso, basso, batteria – entrati nella cricca mammuttiana si sono fatti un po’ influenzare. “Molto metal”, diceva una volta uno di loro – uno della cricca, si intende – e questo metal si sente. Gruppi come Melvins o i Fantomas di “Delirium Cordia” sono più che vicini a questo “Mostro”. E il resto è stoner. Quando lo stoner si dilata, si incupisce, si perde prima in rumori metallici, poi nel liquame psichedelico, fino, in seguito, a diventare pietra lavica. Dura. Compatta e feroce. Un suono potente. Un disco che di math-core – così me li ricordavo da vivo - ha solo il primo paio di minuti. E poi si perde. E l’ultima traccia ne dura 24. Chi si è visto si è visto. Si capisce che la band ha qualità per farne molti altri di dischi come questo. Si capisce che di idee ce ne sono da vendere. Che la loro giovane età fa ben sperare. E che forse – a breve – avremo un’altro nome nell’olimpo che terrà compagnia ai Sedia. Ah, questi giovani d’oggi, nessuno più che ha voglia guidare, sempre su internet alle prese con la musica, mai in strada. Il pieno per favore.
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