Tra il Lazio e l'Abruzzo, lungo il Cammino dei briganti, Giacomo Proia – in arte proia – scrive canzoni in acustico. Lo fa dal 2016 e ora arriva al suo nuovo ep, Il controesodo. Cinque brani impregnati del grigiore dell'autunno sugli Appennini, una voce fumosa e una chitarra acustica. Non serve altro per immergerci nella nostalgia del Controesodo.
È un ep minimale, senza fronzoli, come le canzoni di Eddie Vedder. Proia parla di città, di Firenze e di Milano, di spazio siderale, ma non lascia che il caos entri nei suoi brani. Viaggia con la fantasia, mettendo sempre al centro il vuoto. Solo voce e chitarra, e qualche effetto elettronico in sottofondo, che riprende lontane influenze lo-fi e ambient. È una coperta fredda, ma se riesce a farci sentire la nebbia che invade la strada della copertina dell'ep, vuol dire che è un lavoro ben fatto.
È difficile lasciare il posto del protagonista al testo. Dopo cinque canzoni gli arpeggi iniziano a ripetersi, la chitarra da sola non basta più. Questo è il punto critico del Controesodo, un disco lento che scandisce i passi di un cammino. Non lasciatevi scoraggiare, alla fine i pezzi si incastreranno. Il controesodo di proia non è un cammino esteriore, ma un viaggio interiore da fare con la fantasia invece che con le gambe.
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