"Static" rappresenta per i Planet Funk il traguardo del fatidico terzo disco, dopo i successi dell'esordio, se solo consideriamo i singoli estratti, e la buona prova realizzata con il successivo "The illogical consequence", album che probabilmente ha raccolto - perlomeno in patria - minore attenzione di quanto meritasse. D'altronde rispetto all'opera prima le coordinate sonore della band erano mutate, a favore di una canzone sempre contraddistinta da beat ma meno orientata al danzereccio. E, diciamolo subito, proprio la formula originaria, valorizzata alla perfezione dalla voce e dalle movenze di Dan Black, aveva decretato i consensi su larga scala.
Ma, evidentemente, l'urgenza creativa di Baroni, Canu, Neri e Della Monica non si riduceva alla sola realizzazione di brani in cui sembrava prevalere di più la vena creativa dei produttori che quella degli autori; per cui "Static" idealmente si allinea al predecessore, spingendo sull'acceleratore dei battiti solo in qualche occasione. Più in generale è tutta l'atmosfera del cd che ci sembra incentrata sulla ricerca di alchimie meno ricche di ritmiche rispetto al passato. Non che manchino, sia chiaro, ma in fase di mixaggio non paiono così spinte come in passato.
Solo la traccia che dà il titolo all'opera e "Tears" riconducono vagamente alle sonorità degli esordi, mentre "Running trough my head" e "If we try" sono riuscitissimi episodi con chiari accenni all'indietronica (!!!) e mostrano un'inedita quanto piacevole sfumatura. Giudizio positivo anche per "Magic number", probabile singolo, e "We turn", i cui contorni tipici della ballata ci fanno tornare in mente i Massive Attack di "Mezzanine". Non suscitano invece molto interesse "Swallow" e "In the beginning": la prima è giocata sulla ripetizione del titolo ma con poca inventiva dentro, mentre la seconda richiama certe soluzioni anni '80 nell'uso delle tastiere ma non aggiunge molto altro.
Considerazione a parte per la conclusiva "Big fish", altra perla del disco che dura però solo 4' e spiccioli. Si tratta, infatti, di un pezzo costruito su ritmiche dub, fondamentalmente semplice nella sua evoluzione, eppure affascinante per l'impostazione tutt'altro che ortodossa rispetto al genere di riferimento. Insomma, un bell'excursus sonoro che nei live potrebbe riservare non poche sorprese se ulteriormente "dilatato"
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La recensione Static di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-01-19 00:00:00
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