Buona la prima per l'esordio discografico del torinese Matteo Prencipe tra sponde art-rock e modulazioni cantautorali suscettibili di graduale accrescimento qualitativo
Fare della propria arte un sinonimo di vita individuale trasposta in suoni e parole, si sa, non è mai compito facile per chi vede nella musica non tanto una via di fuga quanto l'unica possibilità reale di decifrazione per un presente altrimenti quasi impossibile da assorbire e tradurre in reazione pratica a una quotidianità sempre più complessa e sfaccettata.
Il torinese Matteo Prencipe, forte di una capacità sonicamente espressiva non comune proprio a chiunque nel panorama nostrano attuale, sembra voler percorrere una strada del genere per tentare di dare voce a dubbi e inquietudini esistenziali che indagano pregi e difetti dell'esistere in qualità di esseri umani con un passato formatore e un presente da decifrare per stabilire un'ipotesi di futuro potabile. Nel dare vita a simili riflessioni, Prencipe esordisce con un lavoro in studio, Bianco, temporaneamente incline a dinamiche produttive note e abusate dai più ma, in verità, meritevoli di attenzione perché dotate di un valore espressivo sensibilmente più elevato rispetto a tanta – troppa – piattezza circondariale.
Quello posto in essere da Prencipe in Bianco si presenta come un buon alternative-art-rock di matrice synth evoluta sulla scia di ottime intuizioni elettro-hard (Consumato), magari non particolarmente ispirato quanto a soluzioni testuali ma decisamente in linea anche con avvolgenti propulsioni wave di derivazione d'oltremanica (Sfera di cristallo) e quasi obbligate ma calde e particolarmente sentite soluzioni cantautorali a dimostrazione di gran gusto melodico e comprovata lucidità nella selezione degli arrangiamenti più adatti al rispettivo conferimento di senso (Amore infinito ma soprattutto la 'benvegnuana' 20 anni per sempre).
Rispondono all'appello, però, anche sinceri e calorosi coinvolgimenti simil-blues sempre affrontati con ampio piglio post-rock (Scelgo), a cui fanno da netto contraltare radiofoniche delicatezze di stampo prossimo al sanremese sia per suoni che per parole (Leggero) ma anche sofisticati ed eterei lirismi pianistico-orchestrali di gran pregio (Qualche traccia di te) che convergono in notevoli pop-rock-ballad classicheggianti (La parte migliore) per cesellare ciò che, complessivamente, dimostra di essere un lavoro già maturo ma aperto a ulteriori spunti tanto professionali quanto animistici in grado di concedere aspirazioni al meglio delle produzioni nostrane contemporanee. C'è da lavorare ma la sostanza è qui presente e attende di veder crescere i propri virgulti.
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La recensione BIANCO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-05-22 22:00:59
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