Il nuovo album del power trio marchigiano si colloga da subito tra le migliori produzioni dell'anno per concretezza espressiva e profondità concettuale
Che bello essere riportati sulla retta via, neanche tanto raramente, da produzioni che rinnovano una certa consapevolezza relativa al fatto che lo stivale italico, quando vuole, riesce a far maturare tanti splendidi frutti al sapor di coraggio. Lasciandosi trasportare dalla potenza vitale delle idee, si può facilmente veder germogliare quella fondamentale voglia di essere sé stessi e, di conseguenza, impadronirsi di uno spirito creativo che non guarda in faccia a niente e a nessuno pur di affermare la propria libertà di azione in seguito a sinceri desideri e vive capacità di realizzazione.
Questo è ciò che emerge all'ascolto di uno splendido album come Epigram, nuovo lavoro in studio per il notevole power trio marchigiano Soundsick nonché prezioso gioiello di maturità sia strumentistica che compositiva, non privo anche di una importante vena contenutistica che conduce l'individuo davanti allo specchio per costringerlo ad osservare con attenzione ogni singola sfumatura del vivere contemporaneo, dal variegato senso di perdita alla forza d'animo necessaria per contrastarne l'impatto multiforme, dalla definizione di identità alle più atroci oscurità umane, dalle costrizioni istituzionali alle catene spezzate da passioni viscerali ed emozionali.
Trampolini di lancio spaziali in direzione melodica sperimentale, ma indubbiamente coinvolgente, svelano subito l'arcano heavy/grunge di granitico e avvolgente impatto sonoro ed emotivo (103=72=78), prima di ampliare il raggio d'azione con ispirazioni dark/emo in divagazione stoner (Black cera) seppur memori di una spiccata predisposizione ad arrangiamenti ambientali sapientemente funzionali al livello di scrittura messo nero su bianco (D.U.S.K).
Ma non tardano a farsi riconoscere anche subitanee e istintive inflessioni post-punk con fattezze prossime a una concezione romantica di hardcore, alla quale non dispiace disperdersi in perturbanti ma necessarie – vista la caratura degli elementi in gioco – ramificazioni ambient/jazz anche fiatistiche (Lolah, uno dei picchi qualitativi più volte toccati nel corso dell'ascolto), mentre spunti avant-prog cominciano a farsi sentire in maniera sempre più corposa (Y-Rain, altro grande vertice) per poi camuffarsi sotto spoglie ballad pseudo-swing (Hypnotic dreamlike and smoking manhole, meravigliosamente assurda considerando dove ci si trovava un attimo prima) ma ritornando a fare veci massicciamente stoner/sludge con escursioni art rock sperimentali alla Motorpsycho di ultimo periodo (Tenia, Bonestorm), arrivando a chiudere il cerchio con una suite complessa nella sua struttura sostanziale ma estremamente affascinante quanto a susseguirsi di metriche cardiopalmiche e scelte melodiche ancetsrali perfettamente coadiuvate, in seguito, da massicce soluzioni corporali (Tenet opera; anche qui lo spirito Motorpsycho aleggia libero e felice).
Senza ombra di dubbio siamo di fronte a un album di altissimo pregio e valore, meritevole di ripetuti ascolti per essere assorbito a dovere ed entrare di diritto tra le migliori produzioni di quest'annata.
---
La recensione EPIGRAM di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-05-19 11:42:34
COMMENTI