Pier Simone Cinelli
Slowjob 2023 - Noise

Slowjob
12/07/2023 - 14:57 Scritto da Stefano Gallone

Con gran predisposizione alla ricerca sonora legata al mezzo esecutivo, l'esordio solista di Pier Simone Cinelli si colloca sulla scia di una sperimentazione chitarristica degna dei grandi nomi da cui trae spunto cognitivo e ispirazione

Di estrazione decisamente sperimentale ai limiti del jazzcore più spietato ma, al contempo, determinato nella ridefinizione dei propri margini di genere (vedere alle voci Crumb! e Stickball), Pier Simone Cinelli rimette in ordine le carte creative individuali per poi stenderle su un tavolo da gioco personale votato alla prima espressione solistica confluita in Slowjob, lavoro poco consigliabile ai divoratori di ansiolitici ma meravigliosamente adatto a chi cerca diverse – o comunque alternative – definizioni di suono significante.

Germogliando e maturando sulla scia di predisposizioni ambient chitarristiche di netto e corposo spessore sensoriale, Slowjob pone le sue basi su droni e bordate noise-post-rock che si inerpicano su pareti tortuose e particolarmente frastagliate quanto a estro creativo in termini di spazialità sonora mista a poliedricità comportamentale su sole sei corde di crescente e graduale tachicardia cerebrale (Prelude to a war), mantenendo evidenti sguardi tanto a preziosità nostrane (su tutti, forse, il Paolo Spaccamonti più imprevedibilmente empirico) quanto a maestranze di settore al di là dei confini territoriali (Sunn O))) ma senza buona parte della fattispecie metallica) per la cesellatura metonimica di veri e propri scenari bellici tradotti in interminabile incubo esistenziale.

Alla luce di ciò, un approccio così ermetico ma, parallelamente, contemplativo e drammaturgicamente efficace, capace anche di guardare al di fuori e al di sopra dei limiti di genere (c'è tanto Ligeti, Xenakis e Penderecki nell'approccio alla scrittura così come nella concezione stessa di dato sonoro), non può che procedere in direzione coscienziosamente oscura e, proprio per questo, alienante quanto basta dal contesto globale a cui apparteniamo con anima e corpo, per arrivare a trascendere ogni materialismo strutturale in funzione di una graduale discesa negli inferi dell'attribuzione di senso a una materia sonica così meticolosamente organizzata e predisposta a ulteriori ricontestualizzazioni in sede di ascolto immersivo (Slowjob).

Ma un qualunque discorso definibile come tale è fatto anche di sospensioni e interiezioni utili alla causa complessiva (I don't believe in Yesterday), se lo scopo resta quello di puntare a traguardi metanarrativi capaci di optare per derive costruttiviste tendenti alla creazione di nuovi mondi e nuove realtà percettive (War).

Perciò occorre seria predisposizione alla causa e sincera dedizione a linguaggi altri, se ci si vuole davvero lasciar trasportare da un pensiero così vivo e pulsante, nonché da una visione delle cose divergente da metriche comuni e riferita a universi alternativi in cui la scomposizione dei fattori acustici – e la loro conseguente ricontestualizzazione ideologica – funge da perno fondante per ogni dispiegamento discorsivo.

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