Fin dai primi istanti di Passa tutto alla mia età si percepisce chiaramente quale sia lo spirito che aleggia su questa nuova uscita di CIOFFI: è il fantasma di Sanremo, una presenza ectoplasmatica con cui doversi necessariamente confrontare se si punta a fare pop di un certo tipo in Italia. CIOFFI decide di affrontare la questione prendendola di petto, inanellando una serie di pezzi che sembrano pensati per sbancare al televoto: novello Ultimo, condivide con lui il melanconico struggimento del sentimento, facendo a meno, rispetto a quest’Ultimo (ah!), della passivo-aggressività da accerchiamento che il cantautore romano talvolta esibisce.
Come si conviene a brani sanremesi, la costruzione è tecnicamente da manuale. Non una sbavatura nell’esecuzione, produzioni capaci di mettere ogni suono al posto giusto, melodie glassate dalle quali diventa difficile liberarsi una volta dentro. Tutto questo, abbastanza prevedibilmente, va complessivamente a discapito di inventiva e novità: del resto, i brani capaci di trionfare a Sanremo non sono classicamente stati quelli più dirompenti e innovativi. Per queste ragioni, l’ascolto di Passa tutto alla mia età passa senza eccessivi sobbalzi, con l’eccezione di quei momenti in cui CIOFFI decide di deviare leggermente dal percorso sanremese – siano essi la malinconica ballad urban di Truman show o il pop rock di La vita addosso.
Passa tutto alla mia età è una mossa di posizionamento molto chiara, ed ineccepibilmente eseguita. Proprio questo è causa dei suoi pregi e difetti: se da un lato troverà sicuramente fortuna tra chi cerca nel pop strutture e situazioni consolidate, dall’altro risulterà forse un po’ polveroso per ascoltatori più smaliziati. L’eterna diatriba tra televoto e giudizio della critica, insomma.
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