Gran bella prova sulla lunga distanza per il trio jazz sperimentale fiorentino Electric Souls, che tra i solchi digitali di Liquid tension, di fatto il primo vero album completo a propria firma, non esita a calare in tavola tutti gli assi a disposizione per la cesellatura di un'opera magari complessa ma, senza alcun dubbio, estremamente fresca, densa di soluzioni e, proprio per questo, perfettamente godibile anche per i meno avvezzi al genere in questione.
Lo sguardo – sia fisico che interiore – orientato oltremanica verso quella Londra che tanto sta dando a una giovane, fresca e rinnovatissima scena jazz locale – frutto anche di un 'melting pot' da sempre osservato con interesse nei minimi dettagli per fruttuosi interscambi culturali tra generazioni, non relegato a sterili periferie antropologiche come qui da noi, tanto per dire – fa sentire tutto il suo fascino in chi ne sa recepire l'essenza mettendo a segno più di un colpo creativo relativamente a chimica interpersonale e capacità di ipotesi per futuribilità tanto stilistiche quanto esistenziali.
Liquid tension è infatti un gustosissimo ibrido di approcci alla vita e incessanti desideri di condivisione per anime inquiete sempre in cerca di nuove dimore alle quali offrire spontaneamente il proprio respiro. Sono sensazioni, queste, che emergono a gran voce sia dalle aperture spiritual free un po' in direzione Mahavishnu Orchestra – ma sempre dense di tatto e gusto legato a una visione personale delle cose (Inside) – che dalle incursioni soft-prog meglio votate a una sperimentazione globale di generi in continuo e sinuoso andirivieni ispirativo.
C'è e si fa sentire ampiamente, infatti, tanta fusion e scuola semi-free elettrica degna delle migliori incursioni Weather Report (One, due, tre), ma non manca all'appello anche tanto acid e tanta sofisticatezza 'metheniana' (Mysterious) assieme a corposi e sinceri spunti urban-avant-lounge ricchi di variegati e preziosi impulsi prog nei luoghi e nei momenti giusti (Airplane).
Densa e fluttuante è anche l'ulteriore frizzantezza di idee e intuizioni riservata ai momenti forse più eleganti in termini di tatto ed eleganza strumentistica (Broken escape), ma non è da sottovalutare anche la succulenta chiusura ritmica simil-jungle (FLR) con docili panoramiche sia magnificamente sophisti-ballad che limpidamente underground nelle fattezze più intime e visceralmente dedite alla più genuina delle predisposizioni sonico-animistiche (Inevitable/Unexpected).
C'è poco altro da dire, in verità. Grande album e gran bel trio tutto da gustare con calma, passione e predisposizione al trasporto emozionale.
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