Attitude post-punk e melodie trap, per cantare l'abisso dietro musi lunghi
La cover ricorda un remix di quelle locandine di film italiani degli anni '70, rimasticate da furbi registi nati negli anni '90, consapevoli dei propri mezzi, della propria ironia, dei propri studi in filosofia o lettere interrotti, dall'ironia sagace e autodistruttiva. Così sono anche Gbresci, duo romano, declinatori di questa indole decadente in musica, post punk fin sotto alle palpebre, sudati e carichi di una noia rabbiosa, che rende le loro canzoni un misto di già sentito e gaso innovativo che preannuncia solo uno schianto sulla facciata della cattedrale del futuro.
Il primo disco dei Gbresci, Giochi stupidi, è la concentrazione migliore che la loro indole potesse assumere, undici pezzi che oscillano tra i suoni del post-punk contemporaneo e gli sviluppi melodici di quel derivato della trap che si è fatto pop con Tutti Fenomeni e compagnia. A differenza di tutti gli ironici post-punk Niccolò Barca ed Edoardo Baroni non riescono a sorridere più di tanto, usano il sarcasmo come velo sottilissimo dietro cui mascherare la propria musica. Dietro c'è un grande abisso, mostruoso forse, mai tragico, dentro cui cantare ritornelli particolarmente accattivanti.
Giochi stupidi è un disco compatto nonostante le premesse, gode di un suono che diventa molto più pop mano a mano che lo si ascolta, mano a mano che emergono le stratificazioni derivanti dalle influenze degli Psicologi, dei Tauro Boys, delle pose grunge della scena romana. Il muso di fondo non cambia, le facce da schiaffi che cantano strascicando le parole sono quelle di due personaggi perfetti, che non si accorgono di saper giocare così bene il gioco della musica.
Gbresci è un progetto che ad oggi non ha imparato ad usare il paracadute, e allora ne vale eccome la pena di buttarsi a capofitto in tutto quello che esce dall'istinto. Ben vengano le imprecisioni o le tracce riempitive, che sono giusto un paio, se "l'effetto treno" rimane invariato. Perchè Giochi stupidi crea un peso sull'anima, ma a scoppio ritardato. Mentre le tracce scorrono si può assaporare tutta la dolcezza del "Catrame tra i pensieri" che viene cantato in Catrame, la tristezza desolante delle amicizie che si disperdono nel caldo dei giorni di Dove non prende, o la centrifuga rumorista e anti-borghese de La Trap, gran colpo sparato nell'unico momento di inciampo del disco.
Dopo tanti pezzi belli da guardare e tosti da accettare rimane nell'aria l'eco di questo calderone, le ombre della casa abbandonata che campeggia in copertina, le note assillanti di Estate italiana, che dopo Veneto d'estate di Nico LaOnda e Post Nebbia conferma la voglia di evidenziare il ghiaccio nel cuore messo dall'agosto italico, immobile e angosciante, bollente di umori molesti. La fine di giugno è alle porte, chissà che siccità porterà con sé, non resta che aprire la finestra e cantare "Avrei preferito morire d'inverno/ Invece mi tocca l'estate in eterno".
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La recensione Giochi Stupidi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-06-16 00:00:00
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