Dopo i primi passi affidati a un Ep omonimo ma dalla numerazione frammentaria rivolta a un ipotetico affacciarsi temporaneo a una diversa concezione dell'essere e dell'esserci sull'attuale panorama discografico nostrano, la giovane cantautrice veneta di nome Livrea prende il coraggio tra le braccia e ne conduce le migliori intenzioni verso il traguardo di un album completo che sa di grande amore per il senso dell'espressione di sé e per la mutevolezza delle rispettive possibilità di espressione. Il tutto sulla scia di una predisposizione concettualmente onirica che, al pari col senso stesso del nome preso a dimostrazione di intenti, punta a una sorta di catarsi in funzione di una purificazione di ascolto e rispettivo guadagno animistico assolutamente non di poco conto.
In un lavoro decisamente notevole come Il canto del villaggio, dunque, l'impronta basilare è marcatamente soul con tratti distintivi legati a una coniugazione del genere in termini di interpretazione in chiave moderna. Ne sono un valido esempio, per l'appunto, frequenti spunti elettro-pop che concorrono alla costruzione di un mosaico sonoro molto ben curato in chiave sia strumentistica che prettamente vocale, per un quadro generale solo apparentemente di facile consumo in quanto, per contro, ben strutturato su fascinazioni anche coniugate attraverso imponenti suggestioni ambient di pregevole predisposizione uditiva.
Ne sono una valida cifra, in primis, le elucubrazioni a tratti psichedeliche riservate alle aperture di Ascoltami, perfettamente in sincrono con consequenzialità soul-funk e acid-lounge come quelle attribuite a veri e propri gioiellini quali Non ti brillano gli occhi (che non disdegna neanche lievi spunti IDM), Androgini e Visioni notturne. Ma non mancano all'appello anche naturalissime incursioni cantautorali, per quanto sempre stracolme di eloquente background R&B praticamente (e per fortuna) impossibile da estirpare (Corpi astrali, Interludio), così come saltuari spunti semi-trance che male non fanno al valore complessivo del lavoro posto in essere (Tracce amare) assieme a suggestivi incursioni soft-jazz di gran prestigio umorale (In un mondo).
Sulla lunga distanza, un lavoro come Il canto del villaggio può facilmente rischiare di presentarsi, all'ascolto dei meno attenti, come un prolisso discorso in note desideroso di esprimere sensazioni e percezioni esistenziali difficilmente condivisibili dalla comune opinione. Ma lasciando trascorrere le febbrili ore di una qualsiasi giornata contemporanea e, parimenti, consentendo a tutti i rispettivi impedimenti cognitivi di uscire di casa e dalla mente al calar del sole, si può facilmente godere di un resoconto esistenziale – per suoni e per parole – talmente limpido e genuino da riuscire, a momenti, a commuovere per quanto sincera e accorata risulta essere la sua predisposizione animistica più diretta e fraternamente umana.
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