Dopo una lunga pausa produttiva, i trevigiani King Size tornano sulle scene con un buon disco di punk 'n' roll volentieri intriso di ulteriori commistioni, talvolta anche sorprendenti
Attivi ormai da una ventina di anni, fermi produttivamente da un bel po' ma decisamente freschi e lucidi nelle intenzioni e nelle rispettive capacità divulgative, i trevigiani King Size tornano alla ribalta approdando alla quarta e omonima prova in studio con un bagaglio di esperienze assolutamente non di poco conto, vista la longevità del progetto mista a una fondamentale e capillare conoscenza delle proprie origini discorsive.
L'attitudine marcatamente punk 'n' roll si mantiene viva e vegeta fin dalle primissime note del lavoro in questione ma, al contempo, non disdegna affatto – né qui né altrove – miscelarsi con un approccio sostanziale che guarda anche a una concezione blues originaria tramutata in terreno fertile per derive marcatamente melodiche (Rolla o la magnificamente delirante You got me running away). Una costante onestamente – per certi versi – pop, questa, che volentieri sfocia in coniugazioni a stelle e strisce non prive, però, di cesellature indie-alternative di stampo britannico (tornano in mente un po' i Subways al cospetto di Sick people are the most dangerous people), ma si direziona anche verso sorprendenti – per quanto non inaspettati – lidi pseudo-country-western (Million stairs) prima di recuperare attitudini punk e, sempre su tappeti a stelle e strisce, orientarle verso derive garage come strambamente posseduti dai fantasmi tumefatti di Sonics, Them e Yardbirds (It's a game over).
Su tali basi portanti, non può non farsi viva anche una sana e giusta predilezione per il formato ballad ma sempre in linea con le architetture generali dell'opera nel suo complesso (Making no sound), per quanto non esitino a manifestarsi anche corposi e positivamente destabilizzanti elementi grunge-crossover di stampo '90 (i riff al sapor di Smashing Pumpkins di Screaming).
A conti fatti, un album come King Size non propone niente di particolarmente innovativo dal punto di vista creativo, ma riesce – meglio di molte altre produzioni conterranee – a coniugare saggiamente la propria predilezione per generi e stili trascorsi con un approccio contemporaneo che guarda coscienziosamente a una proposta contenutistica sempre molto attenta a una cura sonora indiscutibilmente ascrivibile al tempo presente.
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La recensione KING SIZE di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-09-21 15:05:23
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