Un viaggio in sonorità scure, su armonie dilatate e costruzioni sonore senza tempo.
Spleen è il nuovo lavoro de Il Nero Ti Dona, band napoletana attiva dal 2004.
Si tratta di una raccolta di otto brani cantati in inglese, che ricalcano la versione italiana dell'omologo disco. Lo stile è un alternative rock elegante e ben a fuoco.
Si parte con As you are (Intro) e siamo già dentro l'ambient sonoro dell'album, con un pad, una chitarra elettrica arpeggiata e dei vocalizzi di Pink Floydiana memoria. Il sound si completa con il basso e la batteria che rendono il pezzo compatto e allo stesso tempo etereo.
Dark (Spleen) ha un inizio giocato sul bend di chitarra e una batteria effettata molto ruvida, doppiata da un basso rotondo e profondo. La sonorità di riferimento resta la stessa, una sorta di post Pink Floydish in cui tempi, dinamiche e armonie sono molto dilatate, alla ricerca di un pizzico di psichedelia vecchia scuola.
Meteora (And time goes by) mantiene sonorità dark e progressioni minori, ma la voce si spinge un po' più in alto rispetto al suo registro di riferimento. Le chitarre giocano col volume dell'attacco e rendono il sound liquido.
Anesthetics inizia ancora con un arpeggio di chitarra e forse si potrebbe tentare un cambio di passo che al momento però non c'è. La voce torna nel suo registro di riferimento e forse addirittura più richiusa in sè. Quello che è sicuramente uno stile, riproposto senza evoluzione rischia di diventare ridondante.
Un parziale cambio di scena si ha con Scream out your name (Noir). Cambiano gli accordi, non la solita intro arpeggiata di chitarra. La batteria con il charlie semi aperto offre un'aggressività inedita, ma non basta per non ricadere nel solito schema compositivo.
Memories (Malriposa) inizia con un fade in (prima intro non arpeggiata fin qui). Batteria, chitarra e basso sono inquiete e finalmente acquistano un mordente e una tensione finora mai ascoltate. Anche le due voci, per quanto cantino all'ottava, riescono a dare tridimensionalità e movimento ad una delle canzoni più interessanti del disco.
Who am I? (Melancholia) vede il ritorno dell'arpeggio di chitarra, ma stavolta si aggiunge anche un'acustica strummata ed è ancora e subito P.F. sound. Il suono si schiarisce un po' e si avvicina al pop internazionale, fa pensare a certe ballate dei R.E.M.
Si chiude con Loop (Outro) che inizia con un pad avvolgente e scampanellante Anche la voce è quasi un tappeto che si poggia aderendo alla base. Bisogna aspettare l'ultimo quarto della traccia per sentire uno sviluppo, con una batteria in secondo piano e variazioni di sound con un bel layering di pad.
In conclusione Spleen è un disco con molto carattere, figlio di un background musicale che in qualche modo ha portato ad un modo di pensare i brani molto tipico di certe band, soprattutto inglesi provenienti da un passato più o meno recente. L'ho definito come un post Pink Floyd dando alla band inglese dunque una valenza di apripista, anzi di vero e proprio genere musicale.
Sicuramente si poteva cercare di differenziare un po' di più una traccia dall'altra, sarebbe bastato anche poco, ma abbiamo anche parlato di uno stile che, lo sappiamo bene, si mostra sempre simile a se stesso. Il rischio però è di incappare in un calo della soglia d'attenzione da parte di chi ascolta.
La produzione dell'intero disco è ottima, i suoni sono credibili ed è molto bello il trattamento fatto sulle voci. Un album sicuramente non radio friendly ma non sono più sicuro se sia un difetto o un pregio.
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La recensione Spleen (INTD) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-09-13 15:45:29
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