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I Sunmei partono dai Bon Iver e tracciano una linea nell'indie folk, alla ricerca della magia

"L’ammericani do it better." L’ammericani creano le star ad hoc, creano le hit e le cuciono sulle star, creano le mode musicali e le fanno implodere. L’ammericani vanno copiati, presi, ingurgitati e digeriti. I Sunmei questo processo lo hanno capito alla perfezione, hanno deciso di partire dalla corrente dell’indice folk glaciale degli ultimi 15 anni e hanno dato vita ad un disco d’esordio che non passa inosservato. Derivativo in modo quasi fastidioso, ma eseguito talmente bene da avere una marcia in più di molti altri esordi.

Il faro è evidentemente quello dei Bon Iver, è inutile girarci intorno. L’incastro delle voci, la ricerca delle atmosfere sussurrate coi falsetti mentre chitarre acustiche ed elettriche rendono vaporosa l’aria. Uno studio minuzioso, un compendio dell’arte di Justin Vernon che prova in modo molto efficace ad andare oltre il semplice omaggio. Si mette un punto che potrà essere spostato molti metri più in là, ma in un secondo momento, quando i tempi lo richiederanno. Non è questione di maturità, ma di volontà ferma e convincente, perchè nel suo piccolo la band di Pordenone la maturità sembra accarezzarla, almeno con una mano.

I Sunmei attraversano le nove tracce che compongono il loro omonimo esordio creando un continuum che forse non permette di soffermarsi su un singolo momento, ma che crea un insieme denso e particolarmente emotivo, se preso nella sua totalità. Non ci sono picchi particolari ma non mancano i momenti speciali, come il dittico iniziale June AD e Same Lines, o We Wearher, che inizia come una ballata qualunque, forse annoiata, ma che si allarga in modo inaspettato nel minuto finale, grazie all’abito di fiati cucito alla perfezione. 

L'ultimo momento di impatto è Equinox Fall, uscito come singolo meno di due mesi fa, un brano di grande atmosfera, fatto di stratificazioni di suono notevoli, con le tastiere che procedono irregolari, come a creare una base frastagliata su cui far viaggiare al meglio la voce. Si tratta dell'atto quasi conclusivo di un lavoro intenso, che non usa il finale come apoteosi sfarzosa, ma lascia un amaro in bocca, che suona come una possibilità proiettata sul futuro. I Sunmei sono già pronti a proseguire con la ricerca, ad emanciparsi da papà Justin, e a incantarci sempre di più.

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La recensione Sunmei di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-07-14 10:03:00

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