Il quartetto strumentale fiorentino prosegue il suo viaggio tra impostazioni post rock e influenze morriconiane fedeli alla linea ma dense di spunti intuitivi tutt'altro che innocui
Prosegue senza indugio – e con gran coraggio misto a una gigantesca voglia di essere al mondo secondo proprie regole non scritte e particolari, per quanto precise e dettagliate, visioni d'insieme – il percorso artistico del quartetto strumentale fiorentino Qagliostro (due chitarre, basso, synth e batteria a discrezione di Maurizio e Daniele Landi, Davide Bonizzoni e Mario Campajola). E lo fa attraverso un nuovo Ep, Sessioni, Vol. I, molto stimolante nel suo seguire abilmente la scia di un'impostazione complessiva strettamente legata a metriche e dinamiche di genere ma, al contempo, in grado di rimanere vigile nella necessità di dare al tutto un'impronta di taglio individuale, per quanto comunque aderente ad architetture già precostituite e tramandate da qualche decennio a questa parte.
Sinuosità psichedeliche di stampo precocemente floydiano ma corposamente intrise di affascinantissimi sguardi orientaleggianti aprono il sipario su avvolgenti scenari soft jazz non privi, qua e là, di fugaci fascinazioni fusion, ma sempre in linea con un contesto amabilmente soffuso e variegato in termini di atmosfere selezionate e predisposte secondo un precisissimo ordine cromatico che volentieri conduce anche verso imprescindibili lidi post rock con notevoli e mai futili diramazioni noise (Crab's trip).
Sembrano vivi fin da subito pure sprazzi di influenze da soundtrack morriconiana che, manco a dirlo, arrivano a presentare il conto di propria sponte grazie alla splendida rielaborazione in chiave personale della Scuola di ballo al sole che segna una sequenza iniziale di uno dei vari capolavori pasoliniani, Uccellacci e uccellini, consentendo ad ogni singolo membro di seguire gli schemi e gli spartiti, certo, ma anche di dimostrare ampia familiarità e padronanza di mezzi espressivi a livello individuale. Sicurezza intuitiva e ampiezza di vedute sonore, questa, che garantisce anche e soprattutto il raggiungimento di un ulteriore livello di efficacia comunicativa grazie a nuovi approdi psichedelici ma meno lisergici e molto più (e meglio) predisposti in direzione melodica tendente a una crescente estasi di sensi e cognizioni di causa sostanzialmente rara da porre in essere col giusto metro espositivo (Murate).
Qualora servisse offrire, rispetto alle esperienze precedenti, una dimostrazione aggiuntiva sia di tatto che di capacità costruttive, ecco servito un piatto gustosissimo per quanto riguarda sia contenuti emozionali che metodi di scrittura capaci di nascondere se stessi per lasciare spazio a ciò che davvero conta in un lavoro di così avvolgente approccio cognitivo. Matura, di conseguenza, la convinzione che vedrebbe ancora più coinvolgimento complessivo nel corpo di un lavoro di tale calibro ma sulla lunga distanza.
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La recensione Sessioni, Vol. I di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-08-02 10:22:41
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