Compositore e musicista poliedrico, nonché sperimentatore indefesso per generi e strutture, Joyello prosegue il percorso solista attraverso una importante analisi del reale da prospettive trasversali ma univoche nel loro impatto umano
Dopo le rinnovate esperienze in solitaria di Ofidiofobia per ciò che concerne il versante più ostico, sperimentale ma oggettivamente interessante della sua pluridecennale e multiforme carriera, Joyello (al secolo Luciano Triolo) si siede, si guarda intorno, riflette a fondo sulla condizione umana – in parallelo a un individuale statuto mentale – e mette nero su bianco un resoconto estremamente personale (ma più che condivisibile) del concetto di guerra, da intendersi sia come tragico ed eterno dato di fatto che come condizione interiore da fronteggiare per proseguire a testa alta, in un modo o nell'altro, lungo il proprio cammino sulla faccia della Terra.
Senfina Milito in esperanto vuol dire “guerra senza fine”, ed è proprio questo il concetto alla base del discorso portato avanti dal compositore veneto di stanza a Bologna. Le fobie individuali del lavoro precedente si estendono, qui, su scala universale con identiche intenzioni argomentative legate alla necessità estrema di maturare consapevolezze dai dolori più atroci, certi dell'impossibilità di porre rimedio definitivo a laceranti titubanze esistenziali se non donando loro una ridefinizione graduale in termini di trapasso animistico verso nuovi sguardi su possibili nuovi mondi, tra le cui braccia sperare di tornare a esistere forti di un rinnovato spirito di ricerca per sponde salvifiche sulle quali adagiare corpo e mente in attesa del nuovo inizio.
Una simile impostazione concettuale, certo, rischia di veder sfociare il tutto in oceani di obsolescenza complessiva, ma è proprio qui che il nostro interviene a dispiegare il potenziale emozionale in direzioni plausibili dal punto di vista identitario (vista la sua longeva esperienza di organizzazione compositiva) e godibili (per quanto necessariamente ridondanti) sul versante prettamente sonoro.
Se il sipario si apre su avvolgenti elucubrazioni ambient e melodie bypassate e rese soffuse da sottotesti elettroacustici pseudo-post-rock tra Labradford e rispettive costole Pan American, il fulcro del discorso si fonda su elementi concreti alla Pierre Henry e conseguenti dissonanze cognitive in cerca di una direzione percorribile per quanto intrisa di soundscapes dissestati e allarmanti, che a loro volta defluiscono in abissi da found object senza via di scampo nella manipolazione e nella cesellatura di partiture oniriche dense sia di criterio narrativo che di profondo e lacerante senso dell'umano. La scansione di date e luoghi bellici (sia caldi che freddi) simula la ricerca progressiva di nuovi approdi al di fuori della selva oscura, mentre pulsazioni techno-IDM lisergiche strabordano in reminiscenze Tangerine Dream insite in arpeggiature pseudo-modulari d'annata fino a toccare fugaci ma spiazzanti margini trip hop.
Quando tutto finisce non resta altro che leccarsi le ferite, contare le perdite e ritrovare la forza di andare avanti, tanto nella distruzione reale quanto nella continua rinascita umana dalle proprie ceneri interiori. Meglio se in cuffie al buio notturno o ad occhi chiusi con luce soffusa quando le costrizioni mentali del giorno non hanno senso di esistere.
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La recensione Senfina Milito di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-09-14 16:24:09
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