Dopo i corposi e diretti bisogni espressivi dell'esordio su disco – l'Ep Bench Therapy del 2022 – i milanesi Entropia allargano la formazione da due a quattro membri e cominciano a guardarsi seriamente intorno per provare a capire quanto le graffianti idee di partenza possano rendersi utili anche in maniera comunicativamente diversa e compositivamente più organizzata, nonché meglio diretta verso un'attrazione comunicazionale magari commerciabile ma non per questo immune da qualità creative ed esecutive.
Ne emerge un album omonimo, per certi versi, più pacato nelle intenzioni di strutturazione sonora ma non per questo privo di spunti ancora legati alle medesime ispirazioni basilari, in cui il desiderio viscerale di dare sfogo a idee e opinioni, sia in note che in parole, resta evidente dalla caparbietà dei riff con cui il quartetto lombardo decide di aprire le danze servendosi di una buona dose di grunge-rock radiofonico abilmente miscelato a una predisposizione genuinamente pop in termini di ricettività (Piece of me). Un'attitudine, questa, che ben si sposa col susseguirsi di andirivieni melodici magari un po' zoppicanti nella scelta complessiva dei suoni (Oasis) ma lucidamente ispirati nel campo di soluzioni ballad ampiamente in dotazione (Gravestones) anche in coniugazione power (Both broken).
Non mancano tentativi di escursione verso territori lievemente dark-wave ma sempre circoscritti da una controllatissima forma canzone di corposo impatto emozionale (Waiting for!?). Può apparire fuori luogo la scelta di riservare la lingua italiana a uno solo dei brani che compongono l'album (Affogherei), ma potrebbe trattarsi tranquillamente di una isolata – per quanto non del tutto difforme – dimostrazione di savoir-faire anche in campo commercialmente più amico, mentre restano decisamente più interessanti le fluttuazioni cantautorali con cui la band sceglie di portare a termine il discorso attraverso docili e, al contempo, sofisticate strutture pianistiche di grande aggancio umorale puramente a stelle e strisce (Breaking everything that I am) assieme ad articolazioni pseudo-funky necessarie per lasciare in bocca un sapore agrodolce (Even love) utile anche a ricordare da dove si è partiti e dove si vuole approdare (I lost ambition).
Non particolarmente esaltante, per quanto coscienzioso e ampiamente onesto in forma e contenuto, ma tassello indispensabile ai suoi stessi artefici per prendere coscienza di sé in maniera più solida rispetto alle graffianti urgenze precedenti.
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