Sono passati cinque anni dall'ultimo cd (raccolta) dei Soerba. Duo dal successo importante che dalla Brianza aveva rispolverato la scena elettro-pop alla fine degli anni '90 insieme a Bluvertigo e La Sintesi. Dopo l'ultima produzione Soerba, Luca Urbani lavora ad altri progetti, come ZeroUno, e recentemente all'esperimento live techno-house Delevya, finchè decide di preparare un lavoro fai-da-te solista che in realtà è costato 6 mesi di lavoro al Frequenze Studio di Monza.
L'impressione, a primo acchitto, è che Luca Urbani sia un artista nostalgico del genere elettro-pop e del successo passato.
Poi ascolto il cd, e rimango delusa. Perché ha confermato la mia prima impressione. Non capisco infatti quale sarebbe il contributo dell'album alla causa della musica sintetica, dal momento che non c'è nessun apporto di originalità rispetto a cinque anni fa (riff sintetici compresi), eccetto forse certe basi techno-house degne del più gabber dei locali. I testi volutamente retorici risultano imbarazzanti, mentre i pezzi suonano come quei pessimi remix che rovinano canzoni d'autore. La voce (e l'erre moscia) per fortuna non è effettata come gli Eiffel 65 ma spesso non siamo distanti da quel tipo di dance. Nei tratti più distesi, i brani ricordano La Crus, Tiromancino ed elettricismi alla Baustelle, ma il punto è che l'eredità dell'elettro-pop non è stata rielaborata, è stata sfilata dalla busta di naftalina e riproposta senza alcuna operazione di "restyling".
Risulta quindi quello che è: un esercizio di nostalgia confezionato con cura e performato senza nemmeno tanta classe. Perché sebbene Luca Urbani dica d'aver intrapreso un nuovo percorso, probabilmente si riferisce alla sua persona e non alla musica contenuta in "Electrodomestico".
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