Io non sono qui di Indro Fiume è un disco che mi è piaciuto assai anche perché nasce da un fallimento. O, per meglio dire, da una storia finita, segnatamente la precedente storia come artista dello stesso Indro Fiume, conosciuta come Harìa. Da qui, da quelle che lui stesso definisce "ceneri" nasce un album di cantautorato più o meno puro, con tante canzoni belle e potenti, come ad esempio "Confini", forse la mia preferita.
Già perché nelle liriche di questo lavoro si può toccare con mano un grado di profondità e complessità rara nel mercato italiano, con arrangiamenti sì semplici ma di indubbio gusto. Certo, dal punto di vista e dei temi e, soprattutto, dello stile, Indro Fiume non innova particolarmente una formula consolidata, di cantautorato classico, con qualche influenza al cantautorato indie-rock italiano degli anni Novanta.
Insomma si va sul sicuro e, forse, era la cosa giusta da fare. Quando si chiude una storia, artistica o affettiva, occorre sempre ripartire da poche, semplici cose, quelle che alla fine della fiera si conoscono meglio. E in Io non sono qui Indro Fiume ha dimostrato di conoscere benissimo i meccanismi che regolano la "forma canzone", consegnando un bel disco potente e con la schiena dritta.
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