Il gruppo napoletano si sprovincializza in un lavoro ricco di qualità e pathos.
Se Anima Migrante era un disco dai forti contenuti sociali e politici e Sanacore un lavoro dallo sguardo più ampio con cui innovare la tradizione della musica napoletana, è più difficile definire questo Lingo – il gergo, secondo gli inglesi –, atteso per tre anni col timore che i precedenti livelli qualitativi non venissero di nuovo raggiunti. Il gruppo napoletano, invece, fuga ogni dubbio, dando alla luce un lavoro pieno di qualità e allo stesso tempo ricco di pathos. Lingo rappresenta l'evoluzione e la sprovincializzazione degli Almamegretta, ormai entrati a far parte a pieno titolo del giro dub-drum and bass. Con l'utilizzo del dialetto napoletano misto all'inglese, il gruppo cerca la sintesi tra le sonorità mediterranee, orientali e londinesi: in Black Athena c'è molto rap, in Ninas la dance, Berberia rievoca l'elettronica del Bowie berlinese. Prevalgono, quindi, ritmi e rumori metropolitani, percorsi da una vena drammatica – soprattutto Fatmah – che rende la loro musica molto particolare. Le due tracce migliori sono Gramigna, che racconta un'intensa storia di ribellione, ed En-Sof, sulla concezione laica di Dio (poche note per un grande effetto).
Gli Almamegretta confermano di non essere un gruppo qualunque, dal quale è legittimo aspettarsi sempre di più; anche grazie ai numerosi ospiti – Pino Daniele, Eraldo Bernocchi, componenti dei Fun-da-mental e Transglobal Underground –, la band napoletana compie un grande passo in avanti nel proprio percorso artistico.
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La recensione Lingo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1998-02-23 00:00:00
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