Splendidamente in bilico tra doom e stoner, l'esordio in studio dei pugliesi Titane si avvale di una forte componente psichedelica che ne amplia lo spettro sia sonoro che cognitivo
Per essere un lavoro d'esordio, risulta indubbiamente maturo e già indiscutibilmente pronto per palcoscenici ben più importanti di quelli nostrani questo Hyperspace, primissimo parto discografico per i pugliesi Titane nonché pedina già concretamente importante per la sostanza sia sonica che concettuale di un power trio perfettamente consapevole di mezzi a disposizione e reciproche possibilità di utilizzo funzionale.
L'approccio psichedelico di fondo si presenta subito nel migliore dei modi per ciò che concerne l'anima e la sostanza del progetto, vale a dire con tutto il carico di granitica oscurità necessaria per gettare fin da subito vincenti carte in tavola a suon di avvolgente stoner misto a spettrali lacerazioni gustosamente doom (Psychotrope). L'essenza monocorde, qui, è soltanto apparente perché la stratificazione – e la rispettiva cura – del suono complessivo risulta davvero di alto livello sia nella scelta delle sonorità che nella loro reciproca giustapposizione sulla tavola degli elementi emotivi anche in direzioni potenzialmente sludge (Pallida).
La porta dello spavento supremo, però, viene approcciata ancor meglio attraverso graduali discese verso gli inferi più macabri e tetri dettati da ancor più valide dilatazioni spaziotemporali di effetto quasi psicosomatico (Theia), mentre schegge di semi-tribalismo vengono gettate in pasto a una particolarissima concezione di hard-blues smembrato, dissezionato, divorato e rigurgitato a piacimento (Iron, Lucille, Sable noir) anche in diramazioni fantasmaticamente sciamaniche (Villain).
Poco importa se un minimo di rischio di ridondanza resta sempre annidato dietro l'angolo in attesa di chissà quale vittima uditiva, perché la voglia di portare alle estreme conseguenze idee e convinzioni prevale di gran lunga su qualunque limitazione di genere, fregandosene beatamente di eventuali imposizioni commercialoidi (sì, anche di nicchia) per godere pienamente di tutto l'agrodolce sapore di veri e propri viaggi psicotici verso deserti iperuranici visualizzabili solo con la potenza delle più spericolate diramazioni cerebrali (Desertland).
Possente ma ammaliante e avvolgente, corposo ma coraggiosamente teso a esplorazioni neuronali non di comune ricerca e predisposizione. Decisamente interessante, insomma, in tutte le sue possibili accezioni.
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La recensione Hyperspace di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-11-27 21:41:18
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