SETE Nevermind 2023 - Pop, Urban

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Sonorità urban, attitudine rap, sonorità moderne, testi ben cesellati. Un buon lavoro di debutto e tanta curiosità di conoscere l'evoluzione artistica di SETE.

Nevermind è il primo lavoro discografico di SETE (Elisabetta D'Aiuto) artista romana con studi musicali accademici di canto jazz alle spalle e studi da autodidatta di chitarra e pianoforte.

Si tratta di una raccolta di nove brani che si inseriscono nel solco dell'urban pop, mischiandosi a certi stilemi del rap.
Il sound, a dispetto dell'urban più spinto, si presenta accogliente e molto vellutato. L'armamentario è quello standard, con suoni sintetici, drum machine, pad avvolgenti e l'onnipresente autotune, utilizzato come vero e proprio strumento espressivo. L'utilizzo di quest ultimo rende semplice comprendere se la voce a cui è applicato è capace oppure no. In questo caso il lavoro dell'autotune è precisissimo, non ci sono gli sfarfallii tipici di chi possiede un'intonazione approssimativa. Si avvicina un po' all'utilizzo che ne fa Madame, anche se qui è molto più presente.

Al netto di questa osservazione, esiste un'altra faccia della medaglia: la timbrica alterata e costretta in un suono omologato, che risulta uguale per tutti. Diventa complicato e forse impossibile poter giudicare una pasta timbrica, una dinamica, un'inflessione interpretativa.

Ci si muove in un bpm medio, non troppo lento e non troppo veloce. Si gioca parecchio con il dimezzamento o il raddoppio della drum machine per creare cambi di pulsazione, come ad esempio nella title track Nevermind. l'unica traccia con più mordente è Fiori di campo, che parte veloce ma poi, immancabilmente si ferma per tutto il ritornello, per poi ripartire uguale a se stessa. L'ambient rimane molto omogeneo per tutta la tracklist, un assetto ripiegato su se stesso, introverso e quasi sotto tono che non si apre mai del tutto. Si tratta di uno stile, un modo di interpretare con coerenza il proprio genere, ma viene a mancare il colpo di scena, quella canzone che spariglia le carte e permette all'ascoltatore di ridestare la propria attenzione. Veleno, la penultima traccia è stilisticamente disallineata rispetto agli altri brani e potrebbe rappresentare una novità, anche se molto tardiva nell'ascolto completo del disco.

La produzione di questo lavoro rasenta la perfezione nel suo ambito, suonando compatto, con le frequenze basse ben rappresentate anche in supporti d'ascolto più piccoli o mono.

In conclusione Nevermind, come spesso ci capita di ascoltare, è un disco molto ben fatto, non ci sono sbavature, non ci sono elementi di disturbo nella fruizione. C'è un solo problema: suona bene esattamente come migliaia di altri lavori e come migliaia di altri lavori fa fatica a spiccare per qualche tratto caratteristico, per qualche particolarità, magari per assurdo, per qualcosa che suona stridente nell' arrangiamento o nella metrica di un testo. Fila tutto liscio come in migliaia di altre sale d'incisione, sale di missaggio e mastering. Anche i testi sono di ottima fattura e non sfigurano a confronto della concorrenza. Ma neppure svettano. C'è sicuramente capacità e mestiere in questo che rimane un disco più che valido, ma manca ancora quello step che è di chi osa, non solo per volontà opportunista di distaccarsi, ma per la necessità intima di farlo.
In un mondo in cui il livello standard delle produzioni ormai rasenta la perfezione, bisogna sentire la necessità di trovare qualcos'altro, di cercare strade non battute, per non rischiare di restare intrappolati in un esercizio di stile.

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La recensione Nevermind di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-01-31 14:03:18

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