Stomaco e cuore si sfiorano. Il viso si distende, i lineamenti si inteneriscono. La sensazione di bellezza diventa un tremore sottile e ci si sente quasi innamorati. E se ti viene da scrivere in questo modo per raccontare un disco, deve essere accaduto qualcosa di intenso. Allora non resta che ammettere che gli Amycanbe ti sono arrivati al lato più intimo e indifeso. Merito di canzoni affascinanti che ti aggirano e ti seducono a primo ascolto. E di una voce femminile così sensuale e toccante che fa quasi arrossire per il modo in cui ti mette a nudo. Eppure non sono geniali, non usano strutture pirotecniche o arrangiamenti sensazionali. Scrivono cose semplici, essenziali. Intime e quotidiane. Ma hanno la capacità di stringerti le emozioni con una dolcezza disarmante, lasciandoti galleggiare nei loro arrangiamenti delicatissimi, fatti di chitarra acustica, fiati sinuosi e pochissimi altri rintocchi strumentali e ritmici. Poi la magnifica vocalità di Francesca Armati, una signorina che ti imbarazza quasi fosse la più carina della scuola che ti sussurra le prime parole d’amore. Questo è Amycanbe. Connubio tra romanticismo mitteleuropeo e passione mediterranea. Sentimenti morbidi che si sciolgono in quei suoni folk sofisticati e puliti, talvolta minimali ed impercettibili. Fascinosità pop al femminile che contempla The Cranes e la dolce Alison Shaw, ma guarda con ammirazione anche Isobel Campbell e persino certe atmosfere rallentate e melodiche dei Blonde Redhead. Cinque piccoli acquarelli sporcati da una fragile irrequietezza ed immersi in tanta poesia, con alcuni momenti assolutamente magnifici.
Certo è solo un piccolo Ep, ma non è la lunghezza a stabilire la bellezza. Se questa è una premessa, gli Amycanbe potrebbero fare cose davvero importanti. Seguiteli da molto vicino e non abbiate paura di arrossire.
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