Un disco lercio di post punk, che ti ipnotizza, ti prende in giro, ti porta a Livorno, e ti cattura anche se il sottobosco post punk ti ha sempre intimorito
Sozzo, grezzo, scanzonato e irresistibile. Il sottobosco alternative rock e post punk è così, impastato di suoni che sembrano più rumori gracchianti e voci sgretolate che strillano attraverso un vecchio microfono. Per chi ha fatto voto di fedeltà a questa fetta del panorama musicale, è l’abitudine. In questo caso do due coordinate: Sonic Youth e Leatherette, e ci vediamo diretti al prossimo capoverso. Per chi vede l’equazione sporco = bello come una contraddizione insuperabile, queste righe sono soprattutto per voi. Non perché io penso di farvi cambiare idea, ma perché i Weekend Martyr possono, a pieno titolo, almeno provarci.
Fin dai primi secondi il loro nuovo album – Gastrin – è proprio così: sozzo, grezzo, scanzonato e irresistibile. Ci accolgono con Pérez. Quella voce grattugiata e il basso distorto che riempie le orecchie sono già ipnotici. Sarà la chitarra acustica, che per gli estranei a questo mondo sembrerebbe una follia in un brano del genere. O magari è il ritornello, dove batteria e cori ci trasportano dentro alla canzone a cantare insieme a Riccardo Prianti. Sta di fatto che fin da subito Gastrin pare il titolo perfetto, un mix di acidità e reazioni di pancia.
C’è poco da scervellarsi. Con questo terzo disco i Weekend Martyr arrivano o non arrivano. Magari per qualcuno – forse proprio tu che in questo sottobosco hai sempre fatto fatica a metterci piede – ci vorranno un paio di ascolti. Ma se sulla strofa pop-punk di Scammed inizi a muovere una gamba o a ondeggiare la testa sulle chitarre alla Blur di Lighter, allora la band livornese ti ha preso. E un cane che ti morde ai polpacci ti molla più facilmente.
Sarà Livorno, che come ogni città sul mare accumula lo sporco nei cunicoli della città e la gente poi lo accoglie nella propria quotidianità, fin dentro alle canzoni. O ancora, sarà il ritornello dinamitardo di Stunned, che arriva di colpo con tutto (dalla voce alla batteria) saturato alla massima potenza. Sarà il ritmo zoppicante di Bog con cui la band inizia a rallentare il passo prima di congedarci o la chitarra acustica di Hands, una marcia folk distorta che ci fa camminare a tempo di “un, due, un, due” fino alla fine. Saranno tutte queste cose, o anche solo una, ma io in questo sottobosco sozzo, grezzo e scanzonato ci sto veramente bene, e adesso che si è aggiunto anche Gastrin, ci sto ancora meglio.
Pezzi per entrare nel sottobosco insieme ai Weekend Martyr: Scammed, Pérez e Gastrin, sperando che gli altri 5 non se ne abbiano a male.
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La recensione Gastrin di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-01-26 00:38:00
COMMENTI (1)
Il sottobosco è sempre il posto migliore, sa' di zona incontaminata, sa' di vero e questi ragazzi sono veri fino a l'ultima cellula.
Disco Meraviglioso