Quella sana e santa voglia di essere underground è l'ossessione poco domata che giace sul fondo dell'ultimo singolo del trio ferrarese I Trillici, folkloristicamente intitolato Piadina. Nelle intenzioni è tutto giusto, il piglio maudit-adriatico, la scompostezza esecutiva, il tentativo di essere sguaiati per far calare l'attenzione sulla propria musica.
Ecco, forse è proprio qui il punto. Il tentativo è rimasto un tentativo, perché la sguaiatezza punk che tanto ammiriamo in un'innumerevole numero di gruppi ed interpreti, vive e funziona perché tiene sempre il pulsante del controllo sott'occhio. Non per premerlo, sia chiaro, ma per le situazioni di emergenze. Piadina è un brano che cerca di essere strano a tutti i costi vagando un po' nel disordine, e arriva dopo centinaia di ballate dello sfigato, una delle poche cose rimaste nella musica alternativa italiana, e che proprio per questo va trattata con cura, e con cura va analizzata.
Ai Trillici sembra essere mancata prima di tutto la convinzione, la giusta faccia tosta per sporcarsi per davvero, perché Piadina alla fine dei conti rimane un brano che ha una tremenda voglia implicita di essere cool, ma non può esserlo, perché l'esecuzione lascia abbastanza a desiderare. Viste le idee, visto il concept, c'è semplicemente bisogno di sciogliere la briglia, e di non preoccuparsi di piacere a tutti i costi prima di avere un reale pubblico. Ma è solo l'inizio, e queste dita dei piedi si prenderanno tutto ciò che gli spetta, noi stiamo qui ad aspettare.
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