Cielo nero sullo sfondo, pioggia battente e tu, dentro un cappotto scuro. Sola, cammini a capo chino, divorata dai dubbi e dai rimorsi. Stanze vuote e illuminazione soffusa. Luci stroboscopiche che sembrano dirti “Si, ci sei, ma è solo per un istante”. Come in “Penny Arcades”, nei suoi ritmi “in levare” su un tappeto di elettronica essenziale e la sua melodia leggera, accennata con un flauto. Frammenti di vita sussurrati, storie di solitudine e separazioni. Lettere scritte inutilmente (“Mi domando se leggete almeno un rigo nella busta al mese che vi mando col denaro” in “Par Avion”); i “nomi letti al contrario” di “A.M.”, poche parole e un sorriso insperato; le confessioni davanti a un fuoco che non scalda (“erano solo eroi di carta, ma del poco che credevo restano i miei eroi”, da “Init”). Angelica spara ad un mondo cinico e assassino parole ben calibrate. A terra, si raccolgono i proiettili inesplosi di canzoni alle quali è stata data meno attenzione: “Poco importante”, priva di incisività e pervasa da soffocanti assenze; la spirale funkettona di “Alien Taxi”; l’ipotetico mondo raccontato in “Ai Docks”. Sullo sfondo, arrangiamenti poco curati ma riconducibili all’elettronica sofisticata di Tricky e Massive Attack.
Un pugno di brani coinvolgenti da ascoltare attentamente e i paragoni “pesanti” rappresentano una valida garanzia sul talento di Angelica, ma rendono “Pomeriggi Similabissali” anche incapace di convincere pienamente. Come dire che per un attimo i nostri sguardi si sono incontrati, mi hai sorriso e ti sei dileguata. Ma tornerai, ne sono certo.
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