Gli appassionati lo sanno bene: una delle grandi eccellenze italiane in campo musicale è la nostra produzione in campo emo/screamo/post-hardcore. Altro che i salamini che produce tuo zio Alfredo nel segreto della sua cantina: qui si parla di nomi che tutta l’Europa, e talvolta il mondo intero, ci invidia. Partendo da questi presupposti, diventa quindi importante riuscire a fare i conti con questa tradizione nel modo più proficuo possibile.
Gli Irma dimostrano, nel loro esordio “Del nostro scontento”, di aver svolto molto bene i loro compiti a casa, a cominciare dal titolo del disco: si sa che una certa dose di malessere esistenziale è condizione sine qua non per raggiungere il successo nel mondo dell’emo. Per quanto riguarda i pezzi, la band lodigiana non si fa mancare nulla, incorporando nel suo repertorio le tirate più matte scuola La Quiete (il rincorrersi angosciato dei cambi di tempo di "Puro gelo cobalto" non è piovuto dal cielo) ad altri momenti che si rifanno invece alle svolte post-hardcore di tanti gruppi storici della nostra penisola, come Fine Before You Came e Gazebo Penguins (la doppietta "Ho visto i giorni"/"Nessun posto è segreto nel buio"). C’è anche spazio per una puntata all’estero, con vari accenni ai La Dispute e alle loro urla disperate (vedi l’apertura di "Megattera", due minuti e trenta di furia senza tregua.)
Con “Del nostro scontento” gli Irma ci offrono una panoramica articolata e ben pensata di cosa è stato e cosa è l’emo italiano. Manca soltanto un tassello per rendere il quadro completo: che cosa sarà del futuro? La risposta a questa domanda può arrivarci dalle energie fresche di gruppi proprio come gli Irma. Perché ciò succeda, però, è necessario alzare lo sguardo fino a scorgere ciò che potrebbe venire dopo. Ma di questo se ne parlerà nel prossimo album. Per iniziare va più che bene così.
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