Un mix equilibrato di neoclassica, tradizioni mediterranee ed elettronica, con qualche ripetizione di troppo
Francesco Taskayali è un compositore che prova a oscillare tra mondi diversi, o più precisamente intorno ad un mondo visto da prospettive diverse; se nella sua biografia c’è un’identità italo-turca, una prospettiva plurale del Mediterraneo che entra nella sua musica in maniera sottile, in questo nono (!) lavoro strumentale convivono, intorno al protagonismo assoluto del piano, due elementi complementari: da un lato l’essenzialità melodica e il timbro emotivo solenne e malinconico della musica neoclassica, e in particolare della musica contemporanea per piano da Einaudi in giù; dall’altro, una materia elettronica evocativa e dalla densità variabile che fa da commento e accompagnamento all’elemento classico.
In una sorta di curva abbastanza lineare, troviamo elementi ritmici ed elettronici più accentuati in apertura ed in chiusura; e se a convincere di più è la morbida ed oscura techno neoclassica di Dreamscape Unveiled, con il suo delicato equilibrio di inserti operistici misurati e mai stucchevoli, oppure il trip-hop barocco alla Dj Shadow di Velvet Dreams, è in mezzo, nel vasto territorio di dieci e passa tracce che costituisce il centro di ‘Dreambox’, che si incontrano episodi meno convincenti.
Il pianista di Latina ha sempre buon gusto per le melodie e le atmosfere, è un esecutore delicato, ma c’è un blocco di tracce dedicate interamente o quasi al pianoforte e agli archi che, nel complesso, sembrano girare troppo intorno alla ripetizione di stilemi e sfumature canoniche del minimalismo neoclassico, con l’essenzialità compositiva che non riesce a scacciare del tutto la sensazione di star ascoltando un raffinato esercizio di scrittura.
Manca qualcosa in brani come Mirage Of The Minds, Lullabies In The Stars, soprattutto paragonandoli a quelli sopra citati, oppure ad altri episodi sparsi come l’intreccio ritmico di African Serenade o Luci Dreamworld, impreziosito da striature melodiche che arrivano dal Medio Oriente. Non è sempre un’operazione facile per un lavoro strumentale di un artista prolifico, ma forse ‘Dreambox’ avrebbe potuto giovare di un lavoro di sottrazione e asciugatura, che avrebbe permesso di sottolineare di più l’interessante, e per nulla scontato, mix di neoclassica europea, tradizioni mediterranee ed elettronica.
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La recensione Dreambox di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-07-24 23:44:00
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