In viaggio con il pop d’autore di APICE alla ricerca di un senso a questa storia. E se la vita non è un film, almeno abbiamo le brioches
Nel 1765, mentre Jean-Jacques Rousseau pubblicava “Le Confessioni”, Maria Antonietta, futura regina di Francia, aveva 10 anni ed era perlopiù occupata a giocare ad acchiapparella con Mozart per i corridoi del palazzo imperiale di Vienna. Difficile quindi pensare che abbia pronunciato lei il famoso “Che mangino brioches!” del libro del filosofo.
Nel 2024 APICE, a metà del suo nuovo album “Rumore Bianco” (uscito per La Clinica Dischi e distribuito da Sony) si ferma in Autogrill e, assalito dal dubbio, si fa dare conferma dalla cameriera che purtroppo no, la vita non è un film. Ma brioches però ce ne sono ancora.
Più che un viaggio nel tempo, quello di Manuel Apice, cantautore spezzino con in bacheca un premio De André (2019) e una targa Bindi (2021), è un viaggio nello spazio. “Rumore Bianco” è una corsa di Bla Bla Car in cui Manuel porta in giro varie sfumature di sé stesso e delle persone intorno a lui.
10 pezzi, anticipati da 3 singoli, che percorrono un’idea di canzone d’autore a campo largo, dal pop di ispirazione cantautoriale classica (dalle storie personali di “Meridiane” à la Venditti al piano di “La luna in mare” che omaggia De Gregori) a quello più da radio e playlist (“Cemento Fresco” e la title track “Rumore bianco”) passando per pezzi Folk come “Sparano!”.
La forza dell’album sta nella relazione tra l’arrangiamento denso e variegato (chitarre, pianoforti, percussioni, sax e violoncelli) e le parti vocali nel loro intero. I cori, spesso ripetuti dallo stesso Manuel (e perfino cantati da bambini in “Cemento Fresco” o da una gioiosa folla come in “Lavorare, lavorare, lavorare”) rappresentano la collettività del viaggio e non a caso sostituiscono la voce principale o spariscono nelle tracce più personali e intimiste (come in “Tutte le donne”, che inizia pianoforte “ribaltato” e voce sola).
La voce di Manuel sa il fatto suo, e senza contare il duetto con Rareș (un’alchimia di voci veramente ben costruita, degna di dare il titolo all’album) riesce a plasmare il timbro a suo piacimento, ricordando qui più Brunori e qui più Vasco, ma rimanendo in essenza APICE.
Mentre gli strumenti si alternano e si fondono tra di loro vagando per lo spettro sonoro, l’ultima traccia li chiama a raccolta in una morale conclusiva che sa di saluto di fine concerto, in un album che diverte e si diverte a ruotare intorno all’ascoltatore fino a portarlo in viaggio con sé.
Nel 2024 Manuel porterà “Rumore Bianco” in tour per i club d’Italia. Non sarà un film, ma sicuro un bel concerto. E comunque abbiamo le brioches.
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La recensione RUMORE BIANCO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-03-12 18:36:17
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