Quattordici micro-oggetti musicali in scatola (più un macro-brano) compongono l'esordio di Aniello Perduto, un album jazz sperimentale, irriverente e lontano dall'ordinario
Aniello Perduto è lo pseudonimo scelto da Roberto Di Blasio, musicista abruzzese trapiantato a Bologna, per il suo esordio da solista, un album jazz sperimentale dal titolo Cade la neve sovrana, vicina è la stella lontana. Un esordio che è solista a tutti gli effetti: per realizzare questi quattordici micro-brani (più un macro-brano), Di Blasio ha deciso di inscenare un one man show. È sua la composizione di tutti i pezzi, così come è lui a suonare sax soprano, sax alto e batteria – i tre strumenti che danno vita al disco.
Aniello Perduto ha lavorato come un artigiano, nei brani dell’album, realizzando dei piccoli oggetti musicali in scatola irriverenti e poco ordinari, che fanno venire in mente le collezioni di souvenir sacri di terre esotiche, un po’ kitsch, almeno per chi li osserva fuori contesto – eccezion fatta, come anticipavo sopra, per Crescete e moltiplicatevi, track conclusiva, che da sola prende 10 minuti sui 38 del disco. Suonando gli strumenti tipici del jazz, Di Blasio offre la propria rivisitazione del genere: i pezzi rimandano a suoni popolari e circensi, a tratti sembrano incompiuti, ma riescono sempre in qualche modo a trovare una direzione. Insieme, formano un mosaico che certamente appare un po’ più amorfo rispetto a quello raffigurato sulla copertina del disco. Ci sono una direzione comune, un'unità di base, che però sono difficili da incanalare entro schemi predeterminati.
L’irriverenza dell’album è evidente anche nella scelta titoli delle canzoni, che spaziano da riferimenti letterari (Achab, Bartleby, primigeni) a parole inventate (Cielitudini). Ci sono poi cinque tracce – accomunate dal titolo, "vocale+rto" – che creano un piccolo sottoinsieme a sé, che ritorna via via che l’album scorre a dare qualche piccolo riferimento spazio-temporale. La prima è Urto, brano rumoroso con un continuo dialogo in contrapposto tra sax alto e sax soprano; poi arriva Erto, dai suoni più circensi; una dietro l’altra, arrivano Arto, che assomiglia a una banda di paese lofi, quasi fosse una processione sonora vista e sentita da lontano, ovattata e Irto, più strutturata e ordinata; chiude il quintetto Orto, pezzo contorto e tortuoso.
Tra gli altri brani, particolarmente riusciti sono la già citata Cielitudini, con tinte noir, I topi ballano, un preludio a qualcosa che non arriva mai, e Mai nati, uno dei pezzi meno schizofrenici tuttavia più nevrotici dell’album. Discorso a parte merita Crescete e moltiplicativi, esteso brano conclusivo, che dopo uno sfogo iniziale si sviluppa lunare, rarefatto, ripetitivo, minimalista e quasi snervante nella sua perpetua attesa che non trova mai compimento.
Cade la neve sovrana, vicina è la stella lontana probabilmente incontrerà le puntualizzazioni e le perplessità dei puristi del genere, com’è comprensibile, ma soprattutto com’è parte dell’intenzione di Aniello Perduto. Per tutti gli altri, però, questo disco è un'occasione da non perdere, per non prendere - il jazz, se stessi - troppo sul serio.
---
La recensione cade la neve sovrana, vicina è la stella lontana di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-07-28 18:50:00
COMMENTI