Produzione morbida e palleggiata tra accordi sgranati di piano e chitarra, linea melodica (e ottima prestazione vocale) sui registri alti, che si distende e accelera seguendo cellule ritmiche discendenti alla lontana dal rap, un testo introspettivo giocato su immagini e associazioni; ‘Sottoscala’ del milanese Derri è un brano che per grandi linee non si distingue troppo dal resto del prolifico filone urban pop, dove, quando si tratta di giocare sui toni intimisti della ballad autobiografica la sensibilità di Mahmood sembra essere diventato ormai un modello con cui (comprensibilmente) è difficile non confrontarsi.
Andando oltre la primissima impressione, in realtà questo secondo singolo di Derri nella manica ha un paio di assi insoliti e soprattutto un ottima mano di melodie e versi. Parliamo innanzitutto di un chorus che brilla per semplicità e incisività, un leggero spostamento di corsia melodica continuando a correre sullo stesso beat, senza strafare con svolte brusche e arrangiamenti sovrabbondanti, ma con un tocco preciso che facilmente vi infilerà in testa quel “ti prego questa volta smetti di parlare”.
Dove ‘Sottoscala’ si distingue per essenzialità e cura compositiva, qualità rara in tempi di iper produzione facile, controbilancia con immagini liriche ricche e fantasiose, che aprono finestre immaginifiche nella dimensione individuale del sottoscala. Così come, nel complesso pesato e asciutto della composizione, brilla l’eccentrico solo di chitarra elettrica sul finale. Senza farsi notare troppo, in tre minuti ‘Sottoscala’ infila una serie di piccoli o grandi dettagli che, se idealmente non lo separano troppo dal complesso della produzione di genere, sicuramente ritagliano il contorno di una certa visione autoriale e personalità già definita che non vediamo l’ora di veder evolvere.
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