L'heavy metal dei Rebeal Heart è sincero e appassionato, ma richiede ancora un po' di lavoro
Doppia chitarra incrociata su croce di ferro, il titolo action una poetica che trabocca di ribellione, rabbia, sangue: l’esordio del progetto marchigiano, oerentemente battezzato Rebel Hert, è un trionfo di ortodossia heavy metal da qualunque parte lo si guardi. Le 12 tracce sono tutte sulla scia di Judas Priest, Saxon ed eroi vari della New Wave Of British Heavy Metal, tra riff classici, assoloni e un cantato importante, tutto giocato su registri alti e rauchi che prova a volare dove volano Robert Halford, Biff Bifford o anche Axl Rose, richiamato con chiarezza da un certo vibrato stridulo.
Il problema, però, è che invece di suonare fresco e senza tempo come classici di questi gruppi, ‘Die Hard’ suona vecchio come le età anagrafiche dei maestri citati e come i loro episodi meno fantasiosi (che non sono neanche necessariamente quelli prodotti in più tarda età). Non è la scarsa fantasia il problema, siamo sui classici territori del metal e non c’è nulla di male in sé: quello che ci pesa di più è il drumming poco ispirato, i layer di voci che si sovrappongono cercando un effetto epico e invece intorbidiscono l’ascolto.
Non intendiamo fare di tutta l’erba un fascio: nelle dodici tracce di ‘Die Hard’ ci sono momenti più insipidi, in primis mid-tempo e le ballad à là Gnr (State Of Mind, Hide My Tears), ma anche brani più efficaci, come quelli più pedal-to-the-metal (Ranging Rebel) e più incattiviti (la cupa Waves Of Sin, Hug My Fears). In generale, quelli dove si lascia più spazio al lavoro delle chitarre, probabilmente l’elemento migliore del lotto. Ma nel complesso, c’è ancora un po’ di lavoro di pulizia e sistemazione da fare nel nome del metal.
---
La recensione Die Hard di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-09-25 20:43:56
COMMENTI