Questo disco non è semplice, o almeno non è semplice per me scriverne. Perché mi lascia perplesso, come incapace di togliermi una smorfia dubitativa che è spuntata al primo ascolto e non è più scomparsa. In breve: disco cantautorale puro, con qualche spruzzata folk-stradaiola in stile primi Yo Yo Mundi a fare da contraltare a suoni che ricordano con impressionante chiarezza “Volume Otto” di De Andrè e De Gregori. Un progetto che, lungi dall’essere fautore di rivoluzioni copernicane nel genere, si propone quindi di tessere trame tra mondi che possiedono caratteristiche ben delineate e che si prestano ad incroci soddisfacenti. La perplessità circa questa operazione non risiede dunque nelle linee programmatiche, ma nell’effettivo sviluppo delle stesse, andando a toccare due diverse sfere di problematicità.
La prima di queste concerne uno sbandamento che caratterizza certi pezzi e li spinge con eccessivo vigore verso le già citate atmosfere di “Volume Otto”; è il caso de “Le maschere bianche”, brano interessante e ben strutturato ma a tratti sovrapponibile a “Canzone per l’Estate” (di De Andrè). In questo e in altri passaggi si avverte un salto dall’essere autore di un rispettoso omaggio filologico all’essere succube di un macigno che crea timore reverenziale. Tale atteggiamento si declina come una zavorra per arrangiamenti che risultano puliti ma poco significativi e la cui realizzazione pratica è affidata, tra gli altri, a tre elementi della band di Guccini (Tempera, Bandini, Mingotti), ovvero a chi da anni ne omologa le canzoni su uno standard musicale non eccelso (eufemismo).
Sarebbe tuttavia un problema accantonabile se non emergesse il secondo, cruciale, punto debole, consistente in una scrittura che raramente si dimostra capace di lasciare il segno e di affascinare. Le rapide narrazioni di Mattia Donna scorrono infatti senza colpo ferire, vittime di una ripetuta posa da navigato flaneur sospeso tra donne e viaggi. Così, se la tripletta iniziale configura un avvio senza dubbio promettente, il prosieguo del lavoro finisce per avvitarsi su se stesso, senza riuscire a creare una coesiva atmosfera da concept. Trattandosi di un cantautore, la questione non è da poco e porta alla nascita e alla permanenza di quella smorfia dubitativa di cui si parlava in apertura, che si spera possa essere fugata da prove più compatte ed emotivamente più energiche.
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La recensione Sul Fianco Della Strada di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-03-09 00:00:00
COMMENTI (4)
"Sul fianco della strada" è veramente un disco strepitoso, davvero sorprendente...da un mese non faccio altro che ascoltarlo di continuo!!!
esattamente quello che ho detto nella recensione in cui l'avrei duramente attaccato, ma non importa...:[
(Messaggio editato da quid il 18/03/2007 19:19:05)
Vorrei anche io spendere due parole in difesa dell'album di Mattia Donna - attaccato duramente da Marco Villa - e che io, invece, ho amato moltissimo:
Penso che questo disco, “Sul fianco della strada”, parli di un talento raro, cristallino, unico; di un artista, Mattia Donna, capace dei momenti più belli del folk contemporaneo, della sospensione eterna della Poesia e della rispettosa aderenza alla tradizione della canzone d'autore.
Si tratta di un progetto ambizioso - si vede - fatto di canzoni libere nella loro forma, ballate bucoliche e lunghe pause strumentali.
Un disco etereo e concreto allo stesso tempo, dove ci imbattiamo in fantasmi fluttuanti e giovani camminanti, chimere e demoni, figure ancestrali e paure terrene.
Suoni densi di richiami, ricche armonie, senso della proporzione e della composizione, seria ricerca sulla melodia e sulle ritmiche ... il tutto su un testo che è un viaggio alla ricerca del limite, composto da frammenti di straordinaria intensità e suggestione. Ogni traccia è un percorso: sprofondiamo in territori malinconici per poi rialzarci in un paese in festa. E la caratteristica più interessante è proprio quest'insieme lineare e parallelo che crea un continuum armonico.
Un album congegnato con maestria e tatto, crepuscolare ed elegiaco, onirico, intimista e a tratti dirompente: uno strano gioco d'incastri di una tale bellezza inquieta, fragile, desolata da far pensare ad un disco ispirato.
Suonare musica del genere, oggi, significa raccogliere la sfida e credo che di Mattia Donna si possa dire che si tratta di un buon cantautore italiano, assistito da ottimi musicisti, con la malizia necessaria per procedere nella direzione giusta.
Insomma, uno spettacolo, un'esperienza da non perdere, questo disco, che, se vi capita, dovreste davvero ascoltare.
Ho acquistato l'album di Mattia Donna appena uscito nei negozi....mi ha colpito immediatamente dopo l'ascolto del singolo "ti spiegherò, se vorrai"...e,cosa che non accadeva da molti anni ormai...mi ritrovo a volerlo riascoltare piu' volte durante la giornata.
trovo sia un album decisamete ben riuscito per essere un lavoro d'esordio....la lirica poetica di mattia donna e' decisamente molto affascinante,profonda,suggestiva e a tratti anche misteriosa,il tutto legato ad un arrangiamento musicale ottimo(violino/piano/mandolino e bouzouki rendono le atmosfere davvero molto profonde e dolci allo stesso tempo)
era da tempo che non sentivo un album di musica italiana tanto piacevole,cosa che mi aveva fatto perdere le speranze per la riuscita di un lavoro del genere....è stata davvero una grande scoperta :)
consiglio quest'album a chiunque abbia "davvero"voglia di musica di qualità e sopratutto POESIA^^