Quando hai una crush di quelle violente, possono passare tutti gli anni del mondo ma non passerà la sbandata
“Per me sei perfetto/a, purtroppo ci siamo incontrati in momenti sbagliati, abbiamo esigenze diverse”.
Probabilmente qualcuno di voi, in giovane età, avrà ricevuto questabreakup line dal primo grande amore. E così avete deciso di concentrarvi su voi stessi per smaltire la giovane sofferenza, diluendo nel tempo il dolore dell’abbandono. Avete affidato al trascorrere degli anni la speranza di stare meglio. E ci siete riusciti. Siete sereni e cresciuti.
Ora, mentre avete proseguito con la vostra vita e siete di nuovo in pace con voi stessi, con una brillante carriera in digital marketing da portare avanti, d’improvviso, l’amore che vi ha spezzato il cuore in giovane età bussa di nuovo alla porta di casa. È di nuovo qui. Davanti ai vostri occhi. Proprio come nel 2016.
Cosa fate?
Questo può essere un scenario verosimile per descrivere il rapporto inusuale e tragicomico tra molti di noi e L’Officina della Camomilla che ammalia e poi abbandona la musica italiana. Il classico amore adolescenziale che da capitolochiusopersempre, torna più consapevole e arrogante, dopo svariati anni di silenzio, quando ti sei abituato alla sua assenza.
In effetti all’inizio erano troppo eversivi, troppo maturi per il panorama pop italiano, gli apripista di uno scenario non ancora in voga. Poi il gruppo si è preso 8 anni di stop, nel quale l’Indie Pop ha fatto le sue esperienze invadendo i palazzetti/stadi di tutta Italia, playlist malinconiche di ogni streaming musicale, radio o podcast. Pensate a qualsiasi nome della scena indipendente italiana, c’è sempre un piccolo richiamo al gruppo milanese per testi, modalità di canto o stile musicale.
Arriviamo quindi all’anno corrente, il 2024. Mentre il cosiddetto Indie si avvicina a Sanremo e sembra aver trovato la chiave giusta per camminare a braccetto con il mainstream, ritorna L’Officina della Camomilla, con un comeback - ovviamente - non convenzionale, ennesimo assurdo tassello di questa storia d’amore.
Facciamo un piccolo passo indietro. L’Officina della Camomilla nasce su Myspace. MYSPACE. Stefano Poletti, videomaker d’avanguardia, si avvicina al mondo musicale di Francesco De Leo. Scatta una magia fulminea che si sprigionerà in 3 album nel giro di pochi anni. Dal 2013 al 2016 L’Officina della Camomilla sguazza in acque inesplorate, i riferimenti precedenti sono minimi ma riescono comunque a riscuotere un successo notevole.
Nel 2016 il gruppo si scioglie e scompare per 8 lunghissimi anni, fino ad un live lo scorso anno al MI AMI Festival, preludio di un nuovo tour e album. Dopo 8 anni rieccoci quindi con il loro quarto album “Dreamcore”. Un ritorno necessario, complice anche una notorietà inaspettata scaturita da loro vecchi brani diventati virali su TikTok (proprio loro nati su Myspace, pensate che chiusura idilliaca).
“Dreamcore” è un album in perfetto stile L’Officina della Camomilla, senza nessuna volontà di arrivare ad un pubblico generalista o di avvicinare alcune sottocorrenti indie in voga adesso. Stefano Poletti e Francesco De Leo proseguono su un binario ben preciso, come se tutto il contesto circostante fosse del tutto ininfluente.
Francesco De Leo ha una scrittura (ed anche uno stile vocale) sempre riconoscibilissima, identitaria. Si diverte come uno scienziato a tagliuzzare pezzi artistici con il suo cut-up d’autore, per poi mescolare tutto insieme in un frullato di personaggi, storie, arte, incorniciati in paesaggi cinematografici o citazioni di libri famosi. Jack Kerouac, William Burroughs, McKenzie Wark vengono shakerati con Rimbaud, Mirò, Picasso e Warhol.
Il cinema è, come al solito, protagonista con accenni all'imprevedibilità di Julien Donkey-Boy, all’urgenza di Harmony Korine o alla “Mathilda che spara Marylin” nel brano dal titolo “Leon”, come il film di Luc Besson. Anche la scelta dei luoghi citati non è mai banale. Si passa da “Non credo in Alexanderplatz, sento Disneyland che è in fiamme” al tracollo di “Woodstock 99”.
Il filo conduttore è sempre quello: paesaggi eccentrici, magici, impregnati di ideali. Personaggi poliedrici, imprevedibili che creano immagini assurde nella mente di chi ascolta. Tutto questo affonda nei suoni lo-fi di Stefano Poletti. Chitarrine sommerse, strumenti giocattoli costruiti home-made, xilofono che si alterna al synth e drum particolari, tutti sapientemente dosati per creare un mondo leggero e disincantato (forse solo apparentemente).
“Leon”, primo singolo del nuovo album, è la traccia più catchy con un ritornello da MI AMI Festival (non a caso il festival che ha sancito il ritorno definitivo nel gruppo lo scorso anno), outfit colorati e birrette in mano. “William” è il brano più riuscito, con ispirazione internazionale e richiami ai Phoenix o ai Metronomy. “Woodstock 99’” ha una venatura più malinconica. “Techno is my boyfriend”, brano che chiude l’album, ha un testo che strizza l’occhio alle perversioni berlinesi. Citazione doverosa anche per “Love me Zombie”. Brano strumentale lol-rock che può piacere tantissimo se sei un cazzone come me o se partecipi ai party cosplay di Stranger Things (non penso esistano ma questa sarebbe la colonna sonora perfetta).
“Dreamcore” è un distillato perfetto, un album che scorre bene (fin troppo?) con una leggerezza necessaria. Mancano le hit radiofoniche, ma l’eclettico gruppo milanese non ha mai voluto perseguire questo obiettivo. Forse il risultato finale è fin troppo zuccheroso, serviva qualche spruzzata in più di rabbia/depressione/cattiveria, ma è solo un mio inutile capriccio. Perchè alla fine questo album nasce per un'esigenza viscerale di riabbracciare i vecchi e i nuovi fan e divertirsi con loro.
Ogni tentativo di provare a confinare o modificare l’essenza de L’officina della Camomilla è inutile. Loro sono tornati per godersela, con le loro maschere ed i loro colori, pronti per pogare di nuovo sotto i palchi tra la gente. “Dreamcore” può essere il perfetto mezzo per arrivare a questo risultato. Non è la solita minestrina riscaldata tipica dell’amore adolescenziale.
Quando bussano alla tua porta puoi decidere di proseguire con la tua vita di sempre o dare una chance a chi ti ha fatto battere forte il cuore una volta ed è tornato con la stessa essenza, con lo stesso profumo, le stesse farfalline nello stomaco ma con qualche ruga in più.
Bentornati.
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La recensione Dreamcore di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-02-14 13:24:00
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