I trent'anni sono e sempre saranno uno dei momenti più importanti della nostra nostra vita. Nonostante qualche eterno Peter Pan si ostini a definirli come "i nuovi 20", è innegabile come, una volta raggiunta questa età, si debba inevitabilmente accettare di non essere più così tanto giovani.
Responsabilità sempre più pesanti, i primi ciuffi di capelli bianchi e recuperi post-sbornia molto più dilatati sono solo alcune delle grosse rotture di coglioni che si incontrano nel passaggio tra la youth e la adulthood. Ed è porprio la lotta interna che ha accompagnato molti di noi durante questo complesso e paranoico giro di boa una delle pietre d'angolo su cui poggia mi disp dei GRUN.
Anticipato da singoli didascalicamente e settimana, il primo album della band modenese è infatti un racconto agrodolce in salsa hyperopop su quanto sia difficile abbandonare la giovinezza per tuffarsi definitivamente nell'età adulta.
Dalla contrapposizione fra chi, il sabato sera, preferisce fare le ore piccole guardando un film su Netflix piuttosto che a una festa (ora legale) al bisogno di trovare la propria indipendenza in un mondo sempre più omologato (pride), le otto tracce di mi disp raccontano tanti piccoli attimi e situazioni che, una volta messi insieme, compongono quel caotico puzzle che si chiama "Vita".
Istantanee di trascurabile felicità, trasformate in musica attraverso sonorità che abbiamo già imparato a conoscere con i due singoli precedenti, frutto di un riuscito mix tra basi elettroniche, i ritornelloni del pop italiano e un pizzico di trap, grazie a una sana dose di autotune presente nel cantato.
Un'alchimia che, nonostante la buona qualità presente nella produzione di ogni brano, perde un po' di efficacia quando la band si allontana dai panorami digitali di synth, looper e drum machine a favore di quelli più analogici del pop rock (lontano e ribolla).
Parentesi (un po' troppo) coldplayane a parte, mi disp rimane comunque un ascolto tutto sommato piacevole capace di raccontare in maniera fresca e contemporanea le gioie e i dolori della vita a cavallo dei 30 anni. Un periodo che, proprio come le canzoni di mi disp, deve essere preso con la giusta dose di ironia e malinconia.
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