I cagliaritani The Rippers si caratterizzano per un suono che trae a piene mani dal repertorio sixties e, forse in misura maggiore, da quello che viene chiamato neo-garage, ovvero la riproposizione di quei suoni nei successivi anni ottanta, quando al rhytm&blues, al surf e al rockabilly si aggiunse la foga del punk rock.
La loro attività, contornata fin dagli esordi da intense esibizioni live in giro per l’Europa, ha fatto si che il gruppo ottenesse ampi riconoscimenti dalla stampa estera, in particolare da quella tedesca (non a caso anche la Screaming Apple records, l’etichetta che ha prodotto, oltre ad altri loro lavori, quest’ultimo “Tales full of black soot”, è tedesca). Ma anche le performance in Italia, con le numerose esibizioni in Sardegna, quelle nelle maggiori città della penisola (si è concluso da poco il loro ultimo tour) e l’apparizione al festival indie di Musica nelle Valli nel suo periodo di maggior splendore, hanno diffuso la loro fama nell’ambiente rock’n’roll, hard core, punk e garage nazionale, nonostante, al di fuori di questo stesso ambiente, il loro nome sia sconosciuto ai più.
Da circa cinque anni ormai The Rippers fanno un garage genuino: quello più sudato, esagitato, sporco e ribelle che possa essere suonato - un’attitudine in perfetta linea con quella di gruppi quali Tell Tale Hearts, Pretty Things e i tanti altri indicati quali modelli di riferimento. La loro musica è adrenalina, che ti trascina, ti fa ballare, ti fa saltare e ancora ballare, fino a quando il tuo corpo non è più padrone di se stesso. Con una formazione essenziale, fatta di batteria, basso, chitarra, voce e, naturalmente, armonica, Ripper I, Ripper II, Ripper III e Ripper IV scatenano deliri sonori impulsivi, ma al tempo stesso ricercati. Prendete “My black light”, “She doesn’t believe me” o “A strange story”: è come girare su se stessi a massima velocità, fino a cadere a terra, storditi.
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La recensione Tales full of black soot di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-02-20 00:00:00
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