Partita chiusa e disco dell'anno già assegnato. Forse no, ma quasi. Da questo momento in poi, chiunque nell'anno 2007 voglia fare un grande disco dovrà prima confrontarsi con Technicolor Dreams, il personale capolavoro con cui gli A Toys Orchestra diventano definitivamente una grande band italiana e non solo. Che avessero talento era ovvio. Che ne avessero così tanto, forse nessuno lo sospettava. Cuckoo Boohoo era un disco di belle canzoni spesso diluite dalla luce riflessa di invadenti modelli stranieri. Lasciati ora alle spalle i Blonde Readhead e sfoltite certe noiose cantilene, gli A Toys Orchestra esplodono definitivamente. E pur continuando ampiamente a rubare suggestioni all'estero, inventano un'opera magistrale.
Alla produzione di questo gioiello, quel Dustin O'Halloran che aveva scritto le prime canzoni dei suoi Devics proprio in Italia e che ora probabilmente deve nuovamente ringraziare il nostro Paese per avergli permesso di partecipare alla nascita di un album magnifico. Pop e rock nella loro accezione più pura e semplice, interpretati con attitudine tradizionale, ma con ispirazione straripante. Niente alambicchi d’avanguardia, ma una ristrutturazione mediterranea degli ultimi quaranta anni di english music popolare. L’insegnamento dei Beatles diventa un codice comportamentale su cui i musicisti campani intrecciano una modernità creativa che da un lato ripercorre la strada melodica dei Coldplay, dall’altro ne espande gli orizzonti con una commistione di surrealismo teatrale vicino a certi Flaming Lips ed una freschezza comunicativa che punta alla radiofonia di massa con uno stile quasi Middle of the Road ed un’enfasi ammiccante che non dispiacerebbe ai Queen. Evidenti anche i numerosi spunti che riconducono a quel gusto sopraffino e giocoso con cui Mark Everett ha costruito il lato più accattivante degli Eels. Ma la ricchezza di riferimenti è strabiliante, così come la personalità con cui vengono rimodellati.
Il disco è denso di idee cristalline, sostenute da una produzione lussureggiante. Tredici tracce senza neanche una pausa. Mai un istante di cedimento. E tanta varietà stilistica, con brani spesso in più parti. Midtempo trasognati, che esplodono in uptempo scanzonati. Ballate drammatiche sospinte da carillon di pianoforte ed arrangiamenti orchestrali, con un’alternanza tra morbidi rintocchi acustici e grande irruenza strumentale. Filastrocche pop irresistibili e chitarre indierock. Eclettismo e compattezza. Romanticismo ed ironia. E poi quell’interpretazione vocale entusiasmante che dimostra la totale maturazione di un Enzo Moretto in stato di grazia e pronto per palcoscenici internazionali. Senza alcuna pretesa di rivoluzione, Technicolor Dreams rappresenta un esempio italiano di creatività che travalica i confini e può conquistare un vasto pubblico anche all’estero. Con questo lavoro gli A Toys Orchestra diventano termine di paragone italiano per un certo tipo di approccio alla musica poprock. Insomma, non so come altro dirvelo che questo è un disco bellissimo.
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