Sabbia e gasolio. Se si dovesse descrivere lo stoner rock con un odore sarebbe proprio questo. Lo stesso effluvio che ad inizio anni '90 impregnava le dune che circondano Palm Desert, nella California del sud, dove nel cuore della notte i Kyuss, band-capostipite di questo genere, suonavano illuminati soltanto dai fari delle auto dei loro fan e con il martellante ronzio dei compressori diesel che fornivano l'energia necessaria per alimentare gli amplificatori come sottofondo sonoro.
E durante quegli assurdi ma maledettamente affascinanti concerti improvvisati, passati alla storia come generator parties, i Primitive Mule avrebbero con molta probabilità fatto una gran bella figura. A più di tre anni di distanza da Mister Sister, il suo album d'esordio, la band originaria di Milano ritorna con un nuovo singolo, dal titolo DOOMBO, che sbraita e scalcia come il motore V8 di una Ford Mustang lanciata a tutta velocità su una desolata highway nel bel mezzo del deserto americano.
Pur non utilizzando accordature downtuned (come la standard C impiegata dai Queens of the Stone Age e dagli stessi Kyuss) il quartetto lombardo non viene meno alla heaviness che la contraddistingue, grazie a una micidiale unione di traballanti ma maledettamente efficaci giri di basso e intermezzi chitarristi a metà strada tra il garage e il noise rock.
Un mix sonoro in grado di rendere DOOMBO una vera e propria sassaiola nei timpani di tre minuti e 36 secondi, che conferma l'indubbia capacità dei Primitive Mule di scrivere pezzi di rock autentico e credibile. Alla faccia di tutti coloro che lo danno per spacciato, sopratutto in Italia.
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