Il primo album del duo milanese mantiene tutte le promesse dei singoli che lo avevano preceduto, e ci racconta com'è diventare grandi tra pezzi cantautorali e brani soft-house
Con il loro primo album in studio, TEMPORALE, I Nicoconta sono riusciti a mantenere tutte le promesse dei primi tre singoli rilasciati. Il duo milanese è nato nella primavera del 2021, quando Giorgio Viganò, cantautore di estrazione indie-rap, incontrò La Sepe, producer e dj attivo nell’elettronica e nel clubbing. Da quest’unione, per certi versi antitetica, sono scaturiti i primi brani, pubblicati a partire dal 2023. L’attenzione alla scelta delle parole e la scrittura di testi ricchi e calibrati, eredità di Viganò, ha provato a coesistere con il sound house e ambient portato da La Sepe. Il dosaggio perfetto per una fusione alla pari dei due universi, tanto nei singoli, quanto nell’album, non è probabilmente ancora stato trovato. Ma poco importa, perché tanto i pezzi che oscillano di più verso il cantautorato, quanto quelli più elettronici, alla fine funzionano, e possiedono sempre quel leggero grado di complessità che fa venire voglia di riascoltarli.
TEMPORALE ruota intorno al concetto di diventare grandi e a tutto quello che crescere si porta dietro: le paranoie, le paure, la poca voglia di farlo, l’obbligo di scendere a patti con i ricordi. Ad aprire il disco è Ingegneria del suono, un brano dalle molteplici anime. L’incipit è spettrale, alieno, i suoni ricordano l’ingresso in una navicella spaziale. La strofa è parlata, ricorda i Massimo Volume ma un po’ meno disturbati, nel ritornello poi arriva l’autotune su un beat contemporaneo. Insomma, un pezzo che è un ottimo manifesto programmatico della coesistenza di molteplici sonorità nel disco.
Tra i brani che tendono di più verso il cantautorato, c’è Giovani. Il racconto pieno di speranza di un “pomeriggio di attesa / in cui il tramonto cammina più lento / un minuto più lento di ieri” segue i canoni del rock italiano dei primi anni duemila. Nell'inizio quasi parlato, che guadagna sempre più melodia fino ad esplodere in un inno di comunitaria speranza nel ritornello, si sentono chiari gli echi dei Virginiana Miller. Anche in Però siamo bellissimi, primissimo singolo, prevale l’eredità di Viganò: un brano chitarra e drum machine, dove il tempo tra le due e la voce non sembra sempre il medesimo, ma che (anche per questo) restituisce una sensazione di disturbata angoscia che ben si inserisce nella narrativa dell’album.
Il background di La Sepe, invece, emerge nitido in brani come Più vecchi, dove il rap sfocia nei synth anni ’80, prima di un epilogo recitato e cinematografico, dei titoli di coda letti ad alta voce. O in Venezia, che però parla di Milano, un esorcismo lisergico scritto per essere ballato, con liriche vagamente brondiane – “che se qui piangi si alzano le mareggiate” fa venire in mente, almeno ai quasi-trentenni, Cara Catastrofe, e sblocca un effetto malinconia mica da scherzo. O ancora, Già lontane, il brano più convincente dell’album, dove il rap dialoga con l’house e con l’ambient, impreziosito da tinte retrò che rimandano alle produzioni più futuriste di Giuni Russo.
TEMPORALE è un disco ricco, nonostante i brani siano solo sette. Ricco di suoni, di idee, di parole, di nostalgia. Da qui in poi, la fusione dei due universi alla base dei Nicoconta può solo che diventare più naturale e amalgamata: per adesso, comunque, il punto di partenza lascia la voglia di riascoltarlo. E non è mica una cosa scontata.
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La recensione TEMPORALE di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-07-12 00:00:00
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