Un attacco tanto Black Dice da far pensare ad un album di selvaggia improvvisazione intellettuale. “From a taste of gez” tradisce, portando la mente un po’ oltre quello che è il secondo lavoro degli Edible Woman. Il resto di “The scum album” rivela infatti uno studio e un’attenzione alla composizione piuttosto evidente, distante da certa improvvisazione. Già dalla seconda traccia emerge la minuziosità quasi artigianale del gruppo, “Nothing” si sviluppa dalla precisa intersezione delle linee di basso con le martellate misurate e le variazioni sul tema della batteria, che a momenti sembra trasformarsi in una raffica esplosiva, il tutto intessuto dalle distorsioni del sintetizzatore. Niente risulta fuori posto in queste dieci tracce, nulla è casuale, ogni cosa assolve alla sua precisa funzione. Sonorità aspre e squadrate che fanno pensare a qualcosa dei Liars, anche se meno tribali e molto meno ossessivi.
Edible Woman è una macchina noise matematicamente testata, una macchina dalla voce cantilenante e monocorde figlia della ripetitività industriale. Un’apprezzabile voce post-punk scarsamente propensa all‘urlo che accompagna gli strumenti, senza imporsi sugli stessi e in grado di addolcirsi all’occorrenza, come in “When stars”, dove, accompagnata dal piano, ricrea un’atmosfera d’oltremanica lievemente nostalgica. Caratteristica principale dell’album è quindi la precisione nell’assemblaggio, dovuta anche al contributo di Fabio Magistrali alla produzione, registrazione e mixaggio, nonché l’attenzione al particolare, come in “Mystic river”, dove vocalizzi black conducono i secondi finali del pezzo. Dovendoli collocare in una mia personale classifica del periodo, gli Edile Woman non starebbero al primo posto, ma al secondo o al terzo sicuramente si.
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La recensione The Scum Album di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-04-27 00:00:00
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